Lo smaltimento della plastica è uno dei più grandi problemi dell’era moderna. Questo materiale ha dimostrato in ogni sua variante di essere leggero, resistente, isolante, facilmente modellabile ed economico da produrre, caratteristiche che gli hanno garantito un successo gigantesco. Il rovescio della medaglia risiede nella difficoltà di eliminarlo, poiché richiede, a seconda della tipologia, dai 50 ai 500 anni per decomporsi. Per questo motivo, numerose equipe di scienziati di tutto il mondo stanno studiando nuovi polimeri derivanti non più da sostanze fossili, bensì da essenze naturali come caseina, legno liquido, amido di riso, aghi di pino, gusci di noci o di uova, piume di pollame, foglie o bucce di banana. Ma se oltre a essere prodotta con materiali alternativi, questa plastica 2.0 si decomponesse anche alla stessa velocità?
Bioplastica Resistente al fuoco. Un team di ricerca dell’Università di Washington ha lavorato proprio in questa direzione, sviluppando degli inediti polimeri bioplastici in grado di degradarsi nello stesso lasso di tempo impiegato da una buccia di banana in un compost domestico: all’incirca un mese. Questo nuovo composto è stato realizzato interamente a partire da una polvere di cianobatteri azzurro-verdi anche nota come spirulina, sostanza scelta perché ottenibile con facilità su larga scala e in grado di assorbire il biossido di carbonio. Utilizzando calore e pressione, il team ha modellato il pulviscolo in varie forme grazie alle tecniche di lavorazione convenzionali, raggiungendo nel prodotto finale proprietà meccaniche paragonabili a quelle delle plastiche monouso derivate dal petrolio. In aggiunta, il nuovo polimero ha dimostrato spiccate caratteristiche di resistenza al fuoco, rendendosi il candidato ideale per essere utilizzato nei settori dell’elettronica e dell’imballaggio di monouso per alimenti.
Materiali bioplastici. Va sottolineato, però, come gli studi proseguano e non si sia ancora pronti per la produzione su scala industriale a causa di una serie di vulnerabilità da risolvere, quali la fragilità del composto – che allo stato attuale non potrebbe restare troppo a lungo sui banconi del supermercato – e la sensibilità all’acqua. I ricercatori sono comunque ottimisti che si possa ovviare al problema grazie a piccole e mirate modifiche, realizzando una gamma di materiali bioplastici simile a quella tradizionale, ma con il vantaggio rivoluzionario di decomporsi velocemente anche se dispersi nell’ambiente.