Il potere della cannabis è scritto nel suo Dna, ‘rollato’ da antichi virus che ne hanno pilotato l’evoluzione determinando la produzione dei suoi più noti principi attivi: il tetraidrocannabinolo (Thc) e il cannabidiolo (Cbd). Lo dimostra la prima mappa dettagliata dei cromosomi della specie Cannabis sativa: utile a identificare l’esatta posizione dei geni coinvolti nella produzione delle molecole attive, permetterà di migliorare le coltivazioni ad uso terapeutico, come indica lo studio pubblicato su Genome Research da un gruppo internazionale guidato dall’Università di Toronto, in Canada.
La collaborazione aveva già portato nel 2011 alla pubblicazione della prima mappa del genoma della cannabis, ma quella bozza era troppo frammentata per poter rivelare l’esatta posizione dei geni sui cromosomi. A distanza di qualche anno, combinando la mappatura con una nuova tecnica di sequenziamento, i ricercatori sono finalmente riusciti a fare la mappa dettagliata dei cromosomi, scoprendo che i due geni responsabili della produzione di Thc e Cbd si sono evoluti a partire da un unico gene: entrambi posti sul cromosoma 6, sono circondati da sequenze di Dna ingarbugliato, quasi ‘rollato’, da antichi virus che avrebbero colonizzato la pianta milioni di anni fa.
Le sequenze del genoma virale, integrate nel Dna della pianta, si sarebbero duplicate e sarebbero diventate poi ‘mobili’, riuscendo a saltellare da un punto all’altro dei cromosomi. Questa invasione avrebbe spinto i due geni a evolversi in maniera diversa. Un’altra scoperta molto utile alla selezione nelle future coltivazioni è quella del gene che produce il cannabicromene (Cbc), un’altra sostanza attiva meno nota ma che sembra avere importanti proprietà farmacologiche e che potrebbe essere responsabile di alcuni effetti psicoattivi nei ceppi di cannabis coltivata a uso terapeutico.