Microsoft ha confermato di aver concluso gli esperimenti sui datacenter sottomarini: l’iniziativa era partita già nel 2016 con il nome di Project Natick, e il colosso di Redmond non ne parlava più già da qualche tempo. Un articolo di qualche giorno fa di DCD (Data Center Dynamics) dice di aver parlato con la responsabile del reparto CO+I (Cloud Operations + Innovation) Noelle Walsh, secondo cui Microsoft non pianifica di costruire server sottomarini in nessuna parte del mondo ma che userà i dati raccolti per progetti futuri.
Il fatto strano è che, stando ai report di Microsoft stessa, i risultati del progetto erano stati estremamente positivi. Nel 2020, la società aveva osservato che macchinari e componenti si guastavano fino a 8 volte meno rispetto a un datacenter tradizionale, inoltre un’intera installazione poteva essere completata in appena 90 giorni, a differenza dei circa due anni necessari per una struttura terrestre. Non è quindi del tutto chiaro perché Microsoft abbia deciso di non continuare: forse la manutenzione era troppo impegnativa, nonostante la maggior rarità dei guasti, e quindi in ultimo i benefici non bilanciavano i costi, ma sono solo congetture.
Walsh stessa ritiene che Project Natick sia stato un successo: “Il mio team ci ha lavorato, e ha funzionato. Abbiamo imparato molto sulla logistica sottomarina e sull’impatto delle vibrazioni nei server. Applicheremo ciò che abbiamo imparato ad altre casistiche”. Uno statement ufficiale di Microsoft aggiunge che (enfasi nostra) “continueremo a usare Project Natick come piattaforma di ricerca per esplorare, testare e verificare nuovi concetti relativi a sostenibilità e affidabilità dei datacenter”.
Nel corso degli anni, Microsoft ha installato almeno due datacenter sottomarini sperimentali: uno al largo della costa californiana e uno in Scozia. Quest’ultimo conteneva ben 864 server e si trovava a circa 35 metri di profondità.