E’ figlio del Krakatoa (in indonesiano Krakatau) esploso in modo disastroso nel 1883, il vulcano legato allo tsunami che ha ucciso oltre 200 persone e ferite più di 800. Il nuovo vulcano si chiama infatti Anak (‘figlio’ in indonesiano) Krakatoa ed è “un nuovo vulcano”, ha detto il vulcanologo Pier Giorgio Scarlato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Vulcani del genere, ha aggiunto, “hanno edifici nuovi poco stabili e per questo è possibile che avvengano frane”.
Un fenomeno simile, anche se su scala inferiore, è avvenuto il 30 dicembre 2002 nello Stromboli, “con un maremoto generato da un’instabilità”. La frana, di 30 milioni di metri cubi di roccia, si è riversata in gran parte in mare, con un conseguente maremoto che ha raggiunto anche le coste delle altre isole Eolie e del Tirreno meridionale. Sempre in Italia, il vulcano dei Colli Albani, vicino Roma, è figlio del vulcano Tuscolano-Artemisio, che circa 700.000 anni fa è collassato in una violenta eruzione.
Non è stato possibile attivare il sistema di allerta rapida per lo tsunami che ha colpito l’Indonesia perché a generarlo non è stato un terremoto, ma una frana probabilmente legata a un’eruzione vulcanica. “I sistemi di allerta funzionano per i maremoti generati dai terremoti”, ha spiegato ancora Scarlato.
“Quando ci sono eruzioni vulcaniche – ha aggiunto – il magma che risale dalle profondità può generare terremoti, ma nella maggior parte dei casi provoca una deformazione della struttura del vulcano, rendendone i versanti instabili e innescando la formazione di frane”. Sembra essere questa la dinamica dello tsunami che ha colpito le coste dell’Indonesia.
“Da circa un anno è in corso un’eruzione del vulcano Anak Krakatoa – ha detto Scarlato – e le bellissime esplosioni attirano molti turisti”. Difficile dire, ha concluso, se le esplosioni siano le responsabili della frana: il vulcano è così instabile che la frana sarebbe potuta avvenire comunque.