
C’è uno spreco alimentare di cui quasi nessuno parla, silenzioso, sistematico e quotidiano. Avviene laddove il cibo è organizzato su larga scala e servito in modo standardizzato: mense scolastiche, ospedaliere, aziendali, RSA, universitarie. Ma anche nelle grandi catene della ristorazione collettiva e nei self-service delle aree di servizio. È uno spreco invisibile perché distribuito tra milioni di piatti ogni giorno. Eppure, il suo impatto è enorme, tanto in termini ambientali quanto, e soprattutto, economici: ridurre lo spreco nelle mense vuol dire prima di tutto abbattere i costi.
Secondo l’Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione (Oricon), sono circa 3,04 milioni gli italiani che ogni giorno mangiano in mensa. Ognuno lascia nel piatto, in media, 50 grammi di cibo. Una quantità apparentemente trascurabile, ma che, moltiplicata su scala nazionale, si traduce in 38mila tonnellate di cibo sprecato all’anno. Una cifra che fa riflettere e che ha spinto la startup Behavix, nata a Trento nel Polo Tecnologico di Trentino Sviluppo, a cercare soluzioni per affrontare il problema alla radice.
L’ia contro lo spreco. Fondata dall’ingegnere ambientale Massimiliano Carraro e dall’economista comportamentale Stefania Malfatti, Behavix ha messo a punto un sistema basato su Intelligenza Artificiale e analisi comportamentale per comprendere le cause profonde dello spreco alimentare nelle mense. L’idea è semplice ma rivoluzionaria: capire perché il cibo viene lasciato, non solo quanto.
“Non volevamo limitarci a ridistribuire gli scarti – spiega Carraro – ma impedire che diventassero tali”. Il sistema sviluppato dalla startup utilizza una combinazione di computer vision e raccolta dati tramite una web app. Da un lato, telecamere intelligenti analizzano i piatti che tornano indietro, riconoscendo i tipi di pietanze e stimando il peso degli avanzi. Dall’altro, viene chiesto direttamente agli utenti perché non hanno finito il pasto. Ed è qui che la tecnologia incontra l’aspetto umano. “Il valore aggiunto del nostro sistema – sottolinea Malfatti – è nell’ascolto. Non ci limitiamo a misurare: cerchiamo le cause, che a volte hanno a che fare con lo stato emotivo, con lo stress o con il tempo a disposizione per mangiare, non solo con la qualità del cibo”.
I risultati del progetto pilota condotto nelle mense universitarie di Padova sono emblematici. Su 3600 pasti serviti al giorno, lo spreco medio era di 50 grammi a testa. In quattro mesi si è tradotto in 27mila euro di cibo buttato via. Grazie ai dati raccolti, si è potuto risalire alle motivazioni dello spreco: un crollo nel gradimento delle patate, per esempio, era legato al cambio del fornitore.
Oppure, nel 45% dei feedback, il motivo del cibo lasciato nel piatto era legato allo stress o alla fretta, non alla pietanza stessa. Per aumentare il coinvolgimento degli utenti, Behavix ha introdotto anche meccanismi di gamification nella sua app: premi come caffè gratis per chi completa i questionari hanno aumentato la partecipazione dal 4% iniziale a oltre il 20%. L’intero sistema garantisce l’anonimato, ma è già in sperimentazione una modalità di registrazione volontaria, che permetterà agli utenti di monitorare nel tempo i propri comportamenti alimentari e alle aziende di offrire premi più personalizzati. Il potenziale del progetto è enorme. Ridurre lo spreco alimentare non è solo un obiettivo etico o ambientale, ma una leva economica concreta per chi gestisce mense e ristorazione. E la possibilità di rilevare lo stato di benessere psicologico dei lavoratori, degli studenti o dei degenti, osservando cosa e come mangiano, apre scenari inediti anche per le politiche di aziende, Università, ospedali.
Behavix, che beneficia di finanziamenti europei come il bando Foodity e del VRT per la valorizzazione della ricerca trentina, guarda ora oltre le mense tradizionali. L’obiettivo, dice Carraro, è estendere il sistema anche alla ristorazione standardizzata delle grandi catene, come Autogrill o Old Wild West, dove l’affluenza incerta rende ancora più strategica la previsione dei consumi e la riduzione degli sprechi. Secondo le stime della Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, il cibo sprecato ogni giorno nei servizi di ristorazione potrebbe arrivare a 75mila tonnellate. Una montagna di cibo – e di denaro – che finisce nella pattumiera. Evitare gli sprechi non è solo possibile, ma conviene.