
Il Giappone ha mostrato per la prima volta in azione il suo cannone elettromagnetico imbarcato, installato sulla nave sperimentale JS Asuka. L’agenzia ATLA (Acquisition, Technology and Logistics Agency), che coordina ricerca e sviluppo per il Ministero della Difesa, ha diffuso le immagini del test, condotto tra giugno e luglio con il supporto della Marina di autodifesa giapponese. È un passo importante nello sviluppo delle armi a energia diretta, su cui Tokyo investe dal 2016.
Il sistema attuale pesa circa otto tonnellate, con una canna lunga sei metri, ed è in grado di sparare proiettili in acciaio da 40 millimetri a velocità ipersoniche. Nei test precedenti aveva raggiunto i 2.230 metri al secondo, pari a Mach 6,5. L’obiettivo è arrivare a scaricare fino a 20 megajoule di energia per colpo, equivalenti a far viaggiare un proiettile a circa sette volte la velocità del suono. A differenza delle armi convenzionali, il railgun non utilizza esplosivo: la potenza distruttiva deriva tutta dall’energia cinetica.
Una caratteristica che lo rende interessante per la difesa è il rapporto costi-benefici, poiché mentre i missili intercettori possono valere milioni di euro, i proiettili sparati dal railgun costano molto meno e occupano meno spazio a bordo. Inoltre, non hanno le limitazioni atmosferiche tipiche dei laser, il che li rende impiegabili anche in condizioni meteo avverse e con capacità di colpire bersagli oltre l’orizzonte. Secondo analisi di settore, i proiettili potrebbero essere adattati anche per missioni anti-aeree con frammentazione.
La ricerca non è stata semplice, infatti, Stati Uniti e Cina avevano avviato programmi simili, ma senza successo. Washington, dopo aver speso oltre 500 milioni di dollari, ha chiuso il progetto nel 2021 a causa del degrado rapido delle canne, che resistevano a meno di trenta spari. I giapponesi si sono concentrati proprio su due punti critici: mantenere stabile la traiettoria del proiettile a velocità ipersoniche e ridurre l’usura del materiale. L’industria coinvolta è quella della Japan Steel Works, storico produttore di artiglieria navale.
La prospettiva è quella di integrare queste armi in un sistema di difesa stratificata contro minacce sempre più complesse, dai missili ipersonici agli sciami di droni. Gli scontri nel Mar Rosso, dove intercettori costosi sono stati usati per abbattere droni a basso costo, hanno messo in evidenza il problema della sostenibilità economica delle difese basate solo su missili.
Il cannone giapponese è ancora in fase sperimentale, ma rappresenta quindi un tentativo concreto di trasformare una tecnologia che per anni è rimasta più teorica che pratica in un sistema operativo.