Volete prestare un libro a un amico? Facile, non dovete fare altro che consegnarglielo (sperando che poi si ricordi di restituirvelo!). Ma che succede se invece voleste prestargli un ebook? La questione è più complicata. Talmente complicata che… in pratica non è detto che possiate farlo. Trattandosi di manufatti digitali, dunque replicabili, case editrici e distributori hanno fissato regole ben precise a proposito, che – consapevoli o no! – sottoscriviamo ogni volta che facciamo un acquisto.
Di chi è? Amazon, per esempio, ha un programma di “prestiti” che prevede che gli ebook possano essere ceduti una volta sola, per 14 giorni, e solo in alcuni casi. Kobo invece ne esclude a priori la possibilità. Con il risultato che, in pratica, non siamo noi a decidere le modalità del prestito di un libro digitale, ma l’azienda che li distribuisce. Il che induce a pensare che non siamo i reali proprietari di ciò che pure abbiamo acquistato. Ma è davvero così?
In un articolo su The Conversation, Rebecca Mardon dell’Università di Cardiff ha affrontato la questione, partendo dal recente caso di Microsoft, che ha deciso di chiudere il suo servizio di ebook, portandosi dietro tutte le librerie dei clienti (che saranno però rimborsati). “I prodotti digitali come ebook e musica digitale sono spesso visti per liberare i consumatori dagli oneri di proprietà”, scrive Mardon. “Alcuni studiosi hanno annunciato ‘l’età dell’accesso’, in cui la proprietà non è più importante per i consumatori e diventerà presto irrilevante. Gli ultimi anni hanno visto l’emergere di una serie di modelli basati sull’accesso nel regno digitale. Per gli utenti di Spotify e Netflix, possedere film e musica è diventato irrilevante in quanto questi servizi basati su abbonamento offrono maggiore praticità e maggiore scelta“.
“Ma mentre queste piattaforme si presentano chiaramente come servizi, dove il consumatore non ha l’illusione della proprietà“, rileva Mardon, “per molti beni digitali questo non è il caso. Quindi fino a che punto possediamo i beni digitali che compriamo?“.
Licenze. In realtà, quando acquistiamo beni digitali, dagli mp3 ai film, fino agli ebook, firmiamo un accordo di licenza che stabilisce una distribuzione più complessa dei diritti di proprietà.
Non tutti ne sono comnsapevoli, talvolta anche perché i termini sono scritti con un linguaggio da… studio legale: “Al momento in cui compra un ebook, il consumatore spesso acquista effettivamente una licenza non trasferibile che gli permette di ‘consumarlo’ in modi vincolati”, spiega la ricercatrice.
“Ad esempio, potrebbe non essere autorizzato a passare l’ebook ad un amico una volta che ha finito di leggerlo, come potrebbe fare con un libro fisico. Inoltre, come abbiamo visto nel caso di Microsoft, la società si riserva il diritto di revocare l’accesso in un secondo momento. Queste restrizioni sulla proprietà del consumatore sono spesso codificate in modo che l’accesso possa essere facilmente revocato o modificato dall’azienda”.
L’illusione di proprietà. I casi di sparizione di manufatti digitali a opera delle aziende che ne detengono i diritti non sono pochi. L’anno scorso, dopo che i clienti si erano lamentati della scomparsa di film da iTunes, Apple ha spiegato che l’unico modo per garantire l’accesso continuo era scaricare una copia locale, che, secondo alcuni, non presenta la stessa comodità dello streaming. E nel 2009 Amazon ha cancellato con un blitz copie “illegalmente caricate” del libro 1984 di George Orwell dagli ereader Kindle dei suoi utenti, con grande sgomento e rabbia di questi ultimi.
Equivoci digitali. “La mia ricerca – continua Rebecca Mardon – ha rilevato che molti consumatori non considerano queste possibilità, perché danno un senso ai loro beni digitali basandosi sulle loro precedenti esperienze di possesso di oggetti fisici. Se il nostro negozio di libri chiudesse, il proprietario non busserebbe alla nostra porta chiedendo di rimuovere i libri acquistati in precedenza dai nostri scaffali. Quindi non prevediamo che accada nel contesto dei nostri ebook. Eppure il regno digitale presenta nuove minacce alla proprietà a cui i nostri beni fisici non ci hanno preparato”.
Naturalmente c’è un motivo per cui tutto questo accade: ebook, film e brani mp3 sono facilmente riproducibili: restringerne la condivisione è un mezzo per proteggere il diritto e i guadagni (leciti) di autori, editori e distributori. “Ma queste restrizioni – continua Mardon – devono essere dichiarate chiaramente e in termini semplici al momento dell’acquisto, anziché restare nascoste nel complesso gergo legale degli accordi di licenza con l’utente finale“.
Diversamente proprietari. La non proprietà totale dei beni digitali, libri soprattutto, potrebbe anche essere uno dei freni alla loro diffusione. In uno studio realizzato nel 2018 dall’Università dell’Arizona, i ricercatori hanno esaminato quella che viene chiamata proprietà psicologica, che non è necessariamente legata al possesso legale o ai diritti legali ma piuttosto alla “percezione” di ciò che ci appartiene.
Questo senso di appartenenza, secondo i ricercatori, sarebbe influenzato da 3 fattori: se chi possiede qualcosa si sente come se avesse il controllo sull’oggetto che possiede, se usa l’oggetto per definire chi è e, infine, se l’oggetto aiuta a dargli un senso di appartenenza nella società. «La proprietà psicologica è importante nella percezione delle persone di come valutano determinati prodotti o servizi o oggetti”, afferma Sabrina Helm .
ricercatrice della Norton School of Family and Consumer Sciences dell’Università della Arizona.
L’indagine. Per lo studio, pubblicato sulla rivista Electronic Markets, Helm e i suoi colleghi hanno convocato quattro focus group (gruppi di discussione interpellati da chi studia scienze sociali o umane) di diverse fasce d’età: un gruppo di baby boomer (cioè nati tra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta); un gruppo di membri della Generazione X (nati tra gli anni Sessanta e Ottanta) e due gruppi di millennial (nati tra gli anni Ottanta e il 2000). I ricercatori hanno moderato le discussioni con i gruppi sui loro sentimenti riguardo alla proprietà dei libri fisici rispetto agli ebook.
Dalla discussione è emerso che i partecipanti di tutte le fasce d’età riferivano di provare un senso di comproprietà dei libri digitali rispetto ai libri fisici, in base al fatto che sentivano di non avere il pieno controllo sui prodotti. Analogamente, molti partecipanti allo studio si sono lamentati delle restrizioni alla condivisione di ebook con gli amici, alla donazione o alla vendita dei libri, dicendo che questo farebbe percepire gli ebook come meno preziosi rispetto ai libri fisici.
Senso di appartenenza. I partecipanti hanno poi dichiarato di essere più legati emotivamente ai libri fisici che userebbero anche per stabilire un senso di sé e di appartenenza. Sorprendentemente ad apprezzare di più gli ebook erano i più anziani, secondo cui i libri digitali hanno il pregio della leggerezza degli ereader e della possibilità – tra le altre – di ingrandire il testo. Ma anche loro concordavano che possedere un ebook assomiglia più un affitto che a… un acquisto vero e proprio.