I Big Data aiuteranno a ridisegnare il paesaggio italiano per difenderlo dal cemento e dal cambiamento climatico: raccolti grazie a nuove tecnologie come droni, satelliti e tecniche di analisi del Dna ambientale, consentono di monitorare il territorio in modo capillare, coinvolgendo in prima persona anche i cittadini attraverso la ‘citizen science’. E’ quanto emerge dal congresso mondiale sulla sfide dell’antropocene (la nuova era geologica segnata dall’azione dell’uomo) promosso dall’Associazione internazionale per l’ecologia del paesaggio e organizzato dalla Società italiana di ecologia del paesaggio (Siep-Iale) all’Università di Milano-Bicocca.
“L’Italia ha una ricchezza straordinaria di paesaggi, modellati da millenni di relazione tra uomo e ambiente: pensiamo per esempio al Chianti, al Salento o alle colline degli Appennini”, afferma Emilio Padoa-Schioppa, docente di Ecologia all’Università di Milano-Bicocca e vicepresidente della Siep-Iale. Oggi, continua l’esperto, sono in atto molte trasformazioni che minacciano questi splendidi mosaici di ecosistemi: primo fra tutti “il riscaldamento globale, che investirà prima il Sud per poi avanzare verso Nord, determinando la migrazione di specie e l’isolamento degli habitat sommitali di montagna, soprattutto sugli Appennini”. Un altro trend preoccupante riguarda “le pianure, dove stiamo perdendo suolo agricolo a favore di suolo urbanizzato con un ritmo insostenibile, e le zone montane e collinari, dove lo spopolamento sta portando alla ricrescita delle foreste che, per quanto positiva, può comportare la scomparsa di specie importanti”.
Davanti a queste sfide impellenti, oggi vengono date “tante risposte, locali e non sempre coordinate”, sottolinea Padoa-Schioppa. Quello che servirebbe, però, è un “investimento a livello nazionale sul monitoraggio di habitat, paesaggi e biodiversità, in collaborazione con le società scientifiche che se ne occupano”. Monitorare vuol dire “raccogliere grandi quantità di dati con una precisione senza precedenti, così come ci consentono oggi le nuove tecnologie”, prosegue l’esperto.
“Pensiamo alle tecniche di sequenziamento del Dna ambientale, che partendo da un piccolo campione di suolo o acqua ci permettono di ricostruire il Dna delle specie viventi presenti in quell’habitat; pensiamo anche ai droni, che con videocamere e sensori possono raccogliere informazioni in luoghi altrimenti inaccessibili; o ancora ai satelliti, che dallo spazio possono dirci cosa accade al suolo con un flusso continuamente aggiornato di dati”. Anche i cittadini appassionati di scienza potrebbero partecipare attivamente, sia alla raccolta dei dati che alla loro elaborazione: la ‘citizen science’, conclude Padoa-Schioppa, “ci aiuterebbe a diffondere una nuova consapevolezza nella società”.