Per vincere a poker servono buone carte, certo, ma anche sangue freddo, qualche conoscenza di statistica e… cervello. Sarà per questo che il più recente campione di Texas Hold’em, una delle più diffuse varianti del gioco, è un sistema di intelligenza artificiale messo a punto dai ricercatori della Carnagie Mellon University di Pittsburgh (Stati Uniti).
Il poker è in effetti un’ottima palestra per l’AI: per vincere la mano occorre avere una combinazione di carte migliore rispetto a quella degli altri giocatori oppure piazzare una posta che nessuno è disposto ad accettare.
Il gioco si svolge però in un ambiente incerto, dove nessuno dei giocatori dispone di tutte le informazioni relative agli avversari. Ed è proprio questa caratteristica che rende il poker così ostico per i sistemi di AI.
AI contro AI. Per riuscire nell’intento Noam Brown, dottorando alla Carnagie Mellon e ricercatore presso Facebook, ha fatto giocare la sua intelligenza artificiale contro se stessa. In questo modo il “bot” ha identificato le tattiche di gioco che portavano ai risultati migliori e le ha utilizzate per mettere a punto una sua strategia.
Quando Pluribus, questo il nome del sistema, si è trovato al tavolo con alcuni tra i migliori giocatori del mondo, non ha fatto altro che analizzare ogni mossa degli avversari e cercare nel database che si era costruito la risposta statisticamente migliore.
Secondo quanto si legge in un articolo di Science, questa modalità di gioco ha permesso al sistema di battere, nel corso di 12.000 mani giocate in 12 giorni, diversi campioni in carne e ossa, con un punteggio decisamente elevato (per chi mastica la materia: 48 milli big blinds).
Tra gli sconfitti troviamo Darren Elias, detentore del maggior numero di titoli del World Poker Tour, e Chris “Jesus” Ferguson, vincitore di sei eventi della World Series of Poker.
Superpoteri digitali. Brown, che è a tutti gli effetti il papà di Pluribus, sottolinea come la sua creatura giochi a un livello che non è umano: la sua strategia sembra non lasciare scampo nemmeno ai grandi campioni, anche se questi hanno tutto il tempo per studiarla e provare ad adattarsi mettendo a punto le opportune contromisure.
L’obiettivo di Brown e dei suoi colleghi non è però quello di sbancare i tavoli più ricchi del mondo: la ricerca ha finalità molto più nobili e permetterà di mettere a punto una nuova generazione di sistemi di AI utili in diversi campi, dalla sicurezza informatica alla guida autonoma.
Tra i punti di forza di Pluribus vi è infatti “l’efficienza computazionale“: rispetto a sistemi analoghi, ma dalle prestazioni inferiori, Pluribus riesce ad essere molto più veloce pur utilizzando meno processori e impiegando un tempo di calcolo inferiore.