Oggi è lo stesso Google a ricordarci che il motore di ricerca più utilizzato del mondo compie 21 anni. Un compleanno importante perché in molti Stati degli Usa, a 21 anni si raggiunge la maggiore età.
Il 27 settembre 1998 i due fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, allora studenti universitari alla Stanford University (in California) pubblicarono una ricerca (un paper) in cui descrivevano il prototipo di un motore di ricerca di nuova concezione. È a questo evento che si fa risalire il compleanno di Google.
In realtà però i “primi vagiti” della società nata dall’intuizione di un motore di ricerca per orientarsi sul World Wide Web (e oggi diventata la quarta azienda di maggior valore al mondo, con attività in svariati campi) sono ben più articolati e risalgono a qualche tempo prima.
Come è dunque nato il motore di ricerca più famoso e remunerativo del pianeta, che oggi ha un valore di oltre cento miliardi di euro? E come si è evoluto nel corso degli anni, fino a diventare quello che è oggi? Ecco la storia… com qualche colpo di scena.
Vendere e studiare. La prima sorpresa è che Page e Brin, all’inizio, non avevano in mente di mettersi in affari. Nel gennaio del 1997, i due avevano già da un paio d’anni l’embrione di quello che sarebbe diventato Google, ma volevano entrambi seguire le orme paterne, laureandosi a Stanford e facendo carriera all’università. Così pensarono di vendere la tecnologia che avevano sviluppato a una delle società che all’epoca permettevano di eseguire ricerche sul Web, e cioè Yahoo!, AltaVista ed Excite.
L’unico disposto a incontrarli, però, fu George Bell, un manager che veniva dall’editoria ed era a capo di Excite. Page, che aveva il pallino degli affari, stimò un prezzo di vendita pari a 1,6 milioni di dollari, comprensivo di una consulenza per 7 mesi in modo da mettere a punto il software prima di tornare a dedicarsi agli studi; ma l’intermediario e investitore Vinod Khosla suggerì di abbassare le pretese a 750mila dollari. A quel punto Page e Brin incontrarono Bell per dimostrargli quanto fosse avanzata la loro “invenzione”.
Su due computer, l’uno a fianco dell’altro, vennero testati il motore di ricerca dei due studenti, allora 24enni, e quello di Excite: una volta inserita la parola “Internet”, quest’ultimo diede come risultato pagine web in cinese su cui appariva anche la parola inglese “Internet”, mentre quello di Page e Brin mostrò delle pagine in cui si spiegava come utilizzare un browser per la navigazione sul Web. Bell rimase a bocca aperta.
Ma come avevano fatto due ragazzini a battere le decine di ingegneri esperti di uno dei motori di ricerca più famosi al mondo?
Inseparabili. Fin da quando l’americano Larry Page, pochi mesi prima di iscriversi a Stanford nel 1995, aveva conosciuto il russo naturalizzato Sergey Brin, che era la sua guida per una visita turistica a San Francisco, i due, pur non piacendosi immediatamente, avevano capito di avere la medesima passione per l’informatica, e avevano iniziato a frequentarsi, fino a diventare indivisibili, tanto che la gente si riferiva a loro come “LarryeSergey”.
Era stato Page, mentre entrambi bazzicavano il Gates Computer Science Building, edificio di ricerca sponsorizzato dal milionario Bill “Microsoft” Gates, a intuire che non esisteva ancora un modo affidabile per districarsi in quel World Wide Web che dal 1993, dopo essere stato utilizzato in centri di ricerca e università, era divenuto pubblico, diffondendosi in modo esponenziale.
AltaVista, Yahoo! ed Excite – il primo fondato da studenti di Palo Alto, il secondo e il terzo da alunni di Stanford – attiravano molto traffico sulla loro “home page”, strutturata come un portale suddiviso in categorie, ma lasciavano a desiderare quanto a risultati. Il funzionamento di questi motori di ricerca era basato su 4 passaggi: un programma esplorava il Web, poi indicizzava i contenuti individuando le parole utilizzate, quindi – basandosi sulla richiesta dell’utente – trovava negli indici archiviati quelli più rispondenti alla ricerca, e infine proponeva una lista di risultati.
Il processo era laborioso ma impreciso, perché se la parola ricercata appariva molte volte in una stessa pagina web, questa balzava automaticamente in cima ai risultati, anche se non era pertinente. Il problema non era dunque trovare le pagine, ma metterle in ordine di importanza. Larry Page, che cercava uno spunto per la sua tesi di laurea, ebbe un’idea diversa: se i link che in una pagina web rimandavano a un’altra si potevano paragonare alle citazioni della bibliografia nei libri, le pagine più citate (attraverso i link) dovevano essere le più importanti.
Con l’aiuto di Brin, che era un genio nella raccolta di dati, creò un software in grado di scandagliare il Web per ricavare i link presenti nelle pagine html.
A strascico. Il loro primo motore di ricerca faceva proprio questo, e perciò fu chiamato BackRub, perché faceva una specie di “pesca a strascico di link a ritro- so”, mentre l’algoritmo che organizzava la classifica tra le pagine e consentiva di trovare quella più appropriata alla richiesta fu battezzato PageRank: anche se tutti pensavano che “Page” si riferisse al termine inglese di “pagina”, Larry con un vezzo d’orgoglio aveva usato il proprio cognome.
Per fare ricerca su tutto questo, però, bisognava archiviare il numero più ampio possibile di pagine web (con relativi link), così Page si recò dal suo mentore Terry Winograd, docente di informatica alla Stanford University, e gli disse che voleva scaricare sul suo Pc tutto il Web: “Ce la farò in una settimana”, esclamò; ma in realtà ci sarebbero voluti anni (e centinaia di computer). In ogni caso, nel giro di un anno, la fetta di Web archiviata nei server che Page e Brin avevano sistemato in mobiletti costruiti col Lego era sufficiente a far funzionare BackRub: inserivi una parola e ottenevi una classifica di pagine, in base alla pertinenza.
Il motore era molto intelligente, perché contestualizzava i risultati: se cercavi “Bill Clinton”, e il nome del presidente era usato molte volte per creare un link al sito della Casa Bianca, il sito stesso balzava in cima alla classifica, anche se non includeva il nome del presidente americano.
Il sorpasso. BackRub, analizzando e raccogliendo link, diventava più efficace a mano a mano che il Web si espandeva e i link aumentavano di numero, a differenza dei concorrenti che arrancavano. Eppure Page e Brin, che avevano capito come la loro ricerca iniziata per scopi accademici potesse trasformarsi in business, continuavano a non voler mettersi in affari. Erano interessati a tornare ai propri studi, anche se magari non prima di aver guadagnato qualche milione vendendo la tecnologia a una grande società.
Quando nel 1997 George Bell vide il proprio motore, Excite, stracciato da BackRub, ci rimase male, come testimoniò poi Scott Hassan, primo programmatore di BackRub e tra i primi dipendenti di Page e Brin. Anziché pensare di acquistarlo e inglobarlo, infatti, Bell rifiutò l’offerta di vendita. Sul motivo per cui lo fece ci sono opinioni contrastanti. Secondo Hassan, Bell sosteneva che BackRub offriva una risposta troppo efficace, per cui gli utenti avrebbero lasciato subito il motore di ricerca, danneggiando la raccolta pubblicitaria. All’epoca, infatti, nessuno aveva ancora capito come ricavare utili da un motore di ricerca e i portali funzionavano come grandi cataloghi zeppi di argomenti, ma anche di banner che fruttavano guadagni.
La versione di Bell è differente: Page non solo voleva vendere, ma pretendeva che Excite azzerasse la propria tecnologia e la sostituisse con quella di BackRub. Un’ipotesi inaccettabile, anche perché secondo il manager la differenza nei risultati delle ricerche di BackRub non era nettamente migliore di quella di Excite.
GooGol. Di fatto, Page e Brin se ne andarono con la coda tra le gambe. Nessuno voleva comprare, se non a prezzo stracciato, la loro invenzione, né appariva interessato ai motori di ricerca, perché nessuno sapeva come monetizzare un’attività del genere. Quasi costretti dal successo che BackRub aveva avuto in po- chi mesi tra i ricercatori di Stanford, dove il motore funzionava a pieno regime, cercarono un nuovo nome, e dopo aver scartato The Whatbox (assomigliava troppo a “wetbox”, termine slang per i genitali femminili) coniarono Google, traslitterazione errata di “googol”, che identifica il numero 1 seguito da 100 zeri. Il loro motore d’altronde voleva scandagliare una quantità enorme di indirizzi web e metterli in ordine di importanza.
Convinti che nessun altro avrebbe potuto trasformare in idea imprenditoriale la loro ricerca, Page e Brin si convinsero a fare da sé: crearono una pagina web pubblica del motore e il 4 settembre 1998 fondarono Google. Ci erano riusciti grazie a 100mila dollari investiti dal creatore di SunMicrosystems, Andy Bechtolsheim, che invitato da Vinod Khosla diede loro un appuntamento e in 15 minuti staccò un assegno, prima di sfrecciare via in ufficio con la sua Porsche.
Page e Brin andarono a festeggiare con un panino da King Burger, poi aprirono un conto in banca e depositarono il primo investimento. E qualche settimana dopo descrissero il loro motore di ricerca sul sito della Stanford University.
A distanza di 21 anni, Alphabet, la holding a cui fa capo Google e le altre aziende del gruppo. vale oltre 800 miliardi di dollari. E chissà se George Bell, dopo il gran rifiuto, è più riuscito a dormire serenamente.
Marco Consoli