Fotografate le vostre produzioni e aiuterete a trattare i disturbi gastrointestinali.
Le intelligenze artificiali, si sa, vanno allenate. Per esempio, per insegnare a un algoritmo a distinguere un volto da un comò bisogna sottoporgli un’infinità di fotografie, fino a che la IA non riesce a raggiungere l’obiettivo.
Un gruppo di scienziati ha applicato questo principio alla gastroenterologia: vuole istruire una IA affinché sia in grado di stilare diagnosi di malattie e disturbi dell’apparato digerente a partire da un esame visivo delle feci.
C’è solo un problema: avere abbastanza campioni da sottoporre all’algoritmo al fine di completare l’addestramento di base indispensabile. Per farlo, gli scienziati – con la collaborazione di Seed, azienda specializzata nello studio dei batteri che vivono all’interno del corpo umano – ha pensato di chiedere l’aiuto di Internet.
È nato così il progetto #GIVEaSHIT. Partecipare è molto semplice: basta ricordarsi di portare con sé il proprio smartphone ogni volta che l’intestino segnala l’avvicinarsi del momento in cui è necessaria una visita al bagno.
Quindi, una volta completata la “produzione”, non si deve fare altro che accedere dallo smartphone al sito realizzato da Seed e scattare una fotografia delle feci, inviandola poi insieme al proprio indirizzo email e all’indicazione del momento della giornata.
Il sistema provvederà a separare l’immagine dai dati personali, rendendolo anonimi, e la invierà al “grande database della cacca” tramite il quale l’intelligenza artificiale imparerà a fare il medico.
L’idea si basa sul fatto che – come spiega Ara Katz, cofondatore di Seed, le feci si possono considerare «un’espressione diretta della salute dell’intestino»: da esse si possono trarre informazioni su disturbi come la sindrome del colon irritabile e altre patologie croniche.
Le foto inviate, prima di venir inserite nel database, saranno anche esaminate da un gruppo di sette gastroenterologi, che provvederanno a rilevare le varie particolarità del soggetto e a classificarlo in base alla Scala delle feci di Bristol.
Inizialmente, i ricercatori avevano pensato di istruire l’intelligenza artificiale sottoponendole dei modellini di feci realizzati con il didò, ma il compito s’è presto rivelato molto impegnativo dal punto di vista del tempo richiesto. Così è nata l’idea di rivolgersi alla Rete.
L’obiettivo finale è trasformare il database un utile strumento open source per tutti i ricercatori, ma anche aiutare chi soffre di certi disturbi a capire meglio la propria malattia.
«I pazienti ogni giorno devono decidere che cosa mangiare, quanto esercizio fare e come tenere a bada i sintomi» spiega ancora David Hachuel, cofondatore della startup Auggi, impegnata nella realizzazione della IA. «Per questo motivo è fondamentale costruire il database e sviluppare strumenti di monitoraggio: permetteranno ai pazienti di fare tutto ciò a casa propria».