Lo propongono alcuni deputati renziani, ma non ha alcun senso.
Alcuni deputati renziani hanno depositato un disegno di legge in base al quale chi apre un profilo social dovrebbe inviare un documento di identità al gestore della piattaforma.
Presumiamo che nel caso dei minorenni che si debba inviare anche il documento dei genitori, insieme a un’autocertificazione del consenso. E nel caso di uno straniero, che cosa si dovrebbe inviare?
Secondo questi cervelli in fuga ciò servirebbe a evitare il fenomeno dei profili anonimi o falsi.
Ci sembra un’autentica stupidata: già oggi chi si iscrive a un social network e gestisce il proprio profilo lo deve fare attraverso la connessione Internet della SIM di uno smartphone, attraverso un’Adsl o una connessione in fibra.
Per attivare un collegamento di questo tipo un utente già oggi, per legge, deve abbonarsi esibendo un proprio documento di identità valido nonché il proprio codice fiscale, materiale che viene scannerizzato e conservato.
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Chi gestisce un profilo Facebook, Twitter o Instagram è quindi sempre rintracciabile: per legge, il gestore è automaticamente il soggetto che è collegato in quel momento attraverso quella connessione, a meno che egli non possa dimostrare che qualcuno con il suo consenso o in modo fraudolento si sia collegato al suo posto.
Chi vende SIM o connessioni Internet è poi ritenuto responsabile se collabora con persone che forniscono dati e documenti falsi; infine, i titolari degli Internet point devono sempre registrare gli utenti che si collegano dai loro apparati, facendosi dare dei documenti validi.
Ancora: il social network chiede sempre, per la registrazione, una email valida; ciò spesso presuppone una registrazione con il proprio codice fiscale.
Quindi già ora, se vogliono, le autorità possono esercitare il massimo controllo sull’identità degli utenti che si celano dietro un nickname: essi, infatti, non sono mai anonimi.
Certo, si tratta di vedere se le stesse autorità abbiano i mezzi e la volontà di identificare chi, attraverso i social network, compia dei reati – quali possono essere il procurato allarme, la diffamazione, il falso ideologico, l’istigazione a delinquere, l’istigazione all’odio razziale – e se si sia poi in grado di processarli e giudicarli.