Il cuore delle rocce si sta progressivamente riscaldando e il primo effetto osservato nelle Alpi Giulie, in una grotta del monte Canin, è lo scioglimento dei ghiacci permanenti intrappolati nel sottosuolo, il permafrost. Pubblicato sulla rivista Progress in Physical Geography: Earth and Environment, il risultato si deve alla collaborazione fra l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) e l’Università dell’Insubria.
La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto C3-Cave’s Cryosphere and Climate, che studia i depositi di ghiaccio sotterraneo nelle aree carsiche. Le conseguenze del fenomeno, rilevano i ricercatori, potrebbero avere gravi conseguenze sulla conservazione delle riserve idriche e sulla stabilità delle montagne. Per Renato R. Colucci, del Cnr-Ismar, “bisogna immaginare la roccia sotterranea come organizzata per strati.
I ghiacci sotterranei del monte Canin nel 2014 e nel 2018 (fonte: CNR)
Lo strato più esterno ghiaccia d’inverno e scongela d’estate mentre lo strato più interno rimane sempre sotto lo zero: questo è il permafrost”. La misura appena pubblicata è stata rilevata per la prima volta nel 2014, in seguito al cambiamento repentino nella temperatura della roccia sotterranea del monte Canin: in pochi giorni, la temperatura del permafrost che i ricercatori stavano monitorando da tre anni è salita sopra lo zero. Da allora la roccia ha un andamento stagionale, ossia ogni anno ghiaccia d’inverno ma d’estate supera lo zero.
Il fenomeno, secondo Colucci, “ha importanti ripercussioni sulle riserve d’acqua sotterranea, stoccate sotto forma di ghiaccio permanente, che caratterizzano le aree carsiche di alta quota come le Alpi Giulie, ma anche estese aree delle Alpi austriache o svizzere. La superficie topografica del ghiacciaio sotterraneo in questa grotta si è abbassata di mezzo metro nell’arco di soli quattro anni”.