La procura svedese lascerà cadere l’accusa di stupro e quindi anche la possibilità di estradare Assange dal Regno Unito. Adesso il pericolo più grande per il fondatore di WikiLeaks è l’estradizione negli Stati Uniti
(foto: Getty Images/Daniel Leal Olivas)
Julian Assange non è più indagato per stupro in Svezia. La procura del paese scandinavo ha comunicato di avere archiviato l’indagine per questo capo d’accusa risalente al 2010, anche se, ha precisato, reputa comunque “credibile” la denuncia presentata. “Tutti gli atti dell’inchiesta sono stati compiuti” spiegano dalla Svezia, “ma senza apportare le prove necessarie”. Da parte sua, il fondatore di WikiLeaks ha sempre negato le accuse.
Assange si trova attualmente detenuto nel carcere di Belmarsh a Londra, dopo che lo scorso 11 aprile era terminato il lungo asilo politico, sempre nella capitale britannica, presso l’ambasciata dell’Ecuador. Le 50 settimane di carcere gli sono state inflitte proprio perché, al momento della fine dell’asilo, ha violato le condizioni di libertà vigilata.
La decisione di oggi è dovuta – ha spiegato la viceprocuratrice – “al fatto che le prove si sono considerevolmente indebolite a causa del lungo periodo di tempo trascorso dai fatti in questione“. La Procura generale di Stoccolma ha inoltre riferito di aver condotto degli interrogatori a sette testimoni coinvolti nel caso.
Le ultime mosse svedesi
La procura svedese aveva riaperto il caso sulle presunte accuse di violenza proprio lo scorso maggio, un mese dopo l’arresto ufficiale delle autorità britanniche. Il caso, infatti, era stato abbandonato dai procuratori svedesi nel 2017, considerata l’impossibilità a procedere e la protezione nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. Assange viveva lì dal 2012, da quando cioè aveva cercato protezione di fronte alle richieste della Svezia di un’estradizione. Cadendo oggi ufficialmente anche questo capo d’accusa, scompare anche la possibilità da parte della Svezia di estradarlo dal Regno Unito, tramite un mandato d’arresto europeo.
Estradizione negli Stati Uniti
Adesso per il 48enne australiano, accusato di aver diffuso nel 2010 tramite la piattaforma WikiLeaks informazioni strettamente riservate, resta solo il pericolo di un’estradizione negli Stati Uniti. Qui pesano su di lui 18 capi d’accuse per un totale di 175 anni di carcere. La sua battaglia legale è volta proprio a evitare questa eventualità, considerato che per reati come lo spionaggio, di cui è accusato, negli Stati Uniti si può procedere anche con la pena capitale.
Lo scorso luglio il segretario di stato americano Mike Pompeo aveva assicurato che Assange verrà processato negli Stati Uniti, un’informazione che ancora non ha trovato un riscontro concreto. Difatti il governo dell’Ecuador aveva assicurato che, nel momento in cui ha ritirato l’asilo a Assange, aveva ricevuto garanzie scritte da Londra secondo cui Assange non verrà estradato in un paese in cui potrebbe subire torture o essere condannato a morte.
Il 24 febbraio 2020 nel tribunale londinese di Westminster si terrà la prima udienza per decidere sulla richiesta di estradizione presentata dagli Stati Uniti, che lo ritengono responsabile di aver messo in pericolo alcune fonti governative con la pubblicazione di circa 500mila documenti riservati e segreti relativi alle attività dell’esercito americano in Iraq e in Afghanistan.
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