Spesso mi chiedono quale smartphone utilizzi nella mia vita privata, fuori dal trambusto delle recensioni e delle prove, ma la risposta non soddisfa mai nessuno. La verità è che, purtroppo, non ho il tempo di godermi un “telefono personale”; una sfortuna dal mio punto di vista, perché perdo tante cose, un gran privilegio da altre prospettive, se si considera l’opportunità di provare di continuo gli “ultimi modelli” e stare al passo con il flusso.
Per testare davvero un terminale bisogna usarlo, e usarlo bene nelle situazioni più comuni per giorni, settimane o mesi, anche se spesso bisogna correre contro il tempo; da momenti di calma, come quello attuale, si passa infatti al “fiume in piena” con ritmi serrati. Il periodo a cavallo del nuovo anno è tendenzialmente quello più tranquillo con pochissimi nuovi smartphone sotto i riflettori, un momento perfetto per godersi qualcosa senza esser inseguiti.
Da metà dicembre al CES 2020 ho così utilizzato il Mate 30 Pro, lanciato da Huawei un po’ in sordina anche nel nostro paese a fine novembre e tra i più interessanti modelli della casa cinese. Al netto del ban, infatti, è il primo dei loro smartphone con il Kirin 990, display waterfall e ultime soluzioni tecnologiche in ambito fotografico. Per questo ho voluto toccare con mano ciò abbiamo anche noi discusso in fase di lancio e, soprattutto, avere a disposizione durante le vacanze delle fotocamere all’altezza delle mie aspettative.
In questo articolo non svilupperò quindi una classica recensione, gli eventi sono in rapida trasformazione e credo quindi sia opportuno attendere gli sviluppi di queste settimane, tirando poi le somme una volta che il quadro politico-aziendale sarà più chiaro. Anche perché, per capire meglio la serie P40 che verrà bisogna inevitabilmente passare per questa famiglia Mate.
FOTOCAMERA CHE SI EVOLVE E MODULO ICONICO
Prima di mostrarvi qualche scatto e commentarli voglio mettere l’accento sull’applicazione della fotocamera e sulla rapidità di passaggio tra i diversi sensori d’immagine, migliorata rispetto a quella di P30/P30 Pro nel suo complesso. Sarà anche per il Kirin 990 e relativo ISP 5.0, noto una velocità praticamente raddoppiata rispetto a P30 Pro se si passa, ad esempio, dalla principale alla grandangolare.
Tutto è quindi più fluido e piacevole da usare, con quattro sensori d’immagine ben congeniati che rispondono alle esigenze primarie: la 40 MP Super Sensing Wide F1.6 è straordinaria di notte, grazie anche alla modalità dedicata, e tra le migliori di giorno. Bokeh preciso e pulito negli scatti più ravvicinati, buona fedeltà cromatica e pochi micromossi. Peccato solo che in automatico si scatti come di consueto a 10MP e bisogna selezionare dalle impostazioni la massima risoluzione per avere i 40MP sia con la principale sia con la grandangolare.
A destare molto interesse anche la grandangolare con apertura F1.8 e lunghezza focale di 18 mm, sempre divertente e soprattutto all’altezza di scattare in notturna senza troppe remore, con poco più rumore di fondo ma una resa complessivamente ottima, anche in presenza di luci forti. In generale si nota un evoluzione di questa ultra wide, negli anni precedente relegata a pura companion e poco incisiva in condizioni di scarsa luminosità (su P30 Pro è una 20 MP F2.2), adesso capace invece di farsi rispettare in tutto e per tutto.
Di certo il rumore di fondo non manca se si utilizza la modalità notte e si cerca di immortalare un cielo stellato, ma per quello bisogna inevitabilmente passare sullo scenario Pro che fornisce strumenti e controlli più diretti e funzionali. Sono curioso di vedere le differenze rispetto ai migliori di questo campo, i Pixel 4 e i nuovi iPhone 11, non è escluso un prossimo confronto per rifare il punto sulle foto notturne a sei mesi dal precedente.
Bene anche la tele 3X da 8MP con apertura focale F2.4 equivalente ad un 80mm, una fotocamera più spinta ma stabilizzata (OIS) con cui si riesce a fissare più rapidamente un soggetto grazie ad un autofocus più accurato di quello visto su P30 Pro.
Passaggio rapido tra le fotocamere e 3 diversi punti di vista, con la tele che si può spingere fino allo zoom ibrido 5x e può anche andare oltre (fino a 30x in digitale), ma io sconsiglio sempre di sfondare tale muro pena la perdita consistente di dettagli. Di seguito una sequenza di scatti realizzati a Maiorca che mostrano fin dove ci si può spingere a partire dalla grandangolare “0,6x”.
Non sembra invece cambiata da P30 Pro la frontale da 32 MP F2.0, precisa quanto basta e con il rilevamento dei volti rapido che bilancia sufficientemente bene le luci. Migliorabili i colori, in generale mi aspettavo qualcosa di più dal sistema anteriore con tacca che nasconde anche la 3D Depth Sensing Camera, sempre utile per lo sblocco con viso veloce e più sicuro.
Migliorati anche i video soprattutto sul fronte stabilizzazione, ancora abilitati fino all’acquisizione in 4K a 30fps ma capaci di spingersi fino ai 1080p a 960fps (Super Slow Motion). La qualità delle immagini è più che ottima, Huawei ha lavorato negli ultimi anni per colmare questo gap che si era creato con la concorrenza, adesso serve ulteriore ottimizzazione che permetta dei passaggi più fluidi e indolori tra i diversi sensori d’immagine in fase di registrazione.
Intendiamoci, tutti gli smartphone soffrono in registrazione questi passaggi quando si varia lo zoom, ma su altri top di gamma, come gli iPhone di ultima generazione, la transizione appare meno traumatica, più rapida e indolore. Non c’è modo migliore per spiegare quanto detto se non con un contributo video, ecco un esempio in condizioni di luce ottimale:
[embedded content]
CARATTERISTICHE TECNICHE
- Display 6,53″ OLED, risoluzione da 2400 x 1176 pixel con lettore impronte sotto al display e tecnologia Acoustic Design per la trasmissione del suono
- SoC
- Kirin 990
- CPU 8 core (2 x Cortex-A76 a 2,86GHz + 2 x Cortex-A76 a 2,09GHz + 4 x Cortex-A55 a 1,86GHz)
- GPU Mali-G76
- NPU dual-core
- Memoria:
- 8GB di RAM
- 128 o 256GB di storage (espandibile) a seconda dei mercati
- Connettività:
- Bluetooth 5.1, Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac, NFC, USB-C, 5G SA (per modello 5G), GPS (doppia frequenza L1+L5)/AGPS/Glonass/Beidou/Galileo (doppia frequenza E1 + E5a)/QZSS (doppia frequenza L1+L5), Dual SIM
- Batteria
- 4.500mAh
- Ricarica rapida a 40W (via cavo)
- Ricarica rapida a 24W (wireless)
- Ricarica inversa
- Dimensioni e peso:
- 158,1 x 73,1 x 8,8 mm
- 198 grammi
- Resistenza all’acqua:
- Certificato IP68
- Sistema operativo:
- Android 10 con EMUI 10
- fotocamera anteriore
- 32MP (f/2,0)
- fotocamere posteriori
- 40MP Ultra-Wide Cine (f/1,8, lunghezza focale 18 mm)
- 40MP Super Sensing Wide (f/1,6, lunghezza focale 27mm), OIS
- 8MP (f/2,4, lunghezza focale 80mm) tele, OIS
- zoom ottico 3x
- zoom ibrido 5x (risultato della somma di 3 foto scattate dalle 3 cam)
- zoom digitale 30x
- sensore di profondità 3D
- ISO sino a 409600
L’AUTONOMIA È UNA CONFERMA
Se ho scelto Mate 30 Pro per le mie vacanze natalizie è anche per la sua batteria da 4.500mAh che mi aveva già impressionato positivamente ad inizio autunno, d’altronde Huawei vanta un sistema poco energivoro e le aspettative sul nuovo SoC erano del tutto buone. Sensazioni confermate che incoronano il Mate 30 Pro come uno degli smartphone con la miglior autonomia in assoluto, sulla stessa linea della famiglia P30 e del binomio Kirin/EMUI.
Ho viaggiato tanto nello scorso mese ed avere un terminale capace di chiudere qualsiasi giornata più intensa, con tanto di energia residua alla sera, fa per me la differenza. Sono perfino arrivato a ricaricare una volta ogni due giorni nei momenti più blandi, quelli in cui non guardi tutto il tempo il telefono e le eventuali notifiche sulla schermata Always On bastano ed avanzano.
Questo è il livello di autonomia che mi aspetto nel 2020 in uno smartphone, difficile chiedere di più, tanti altri devono ancora lavorare per avvicinarsi a questo livello di gestione delle risorse.
SOFTWARE: E LE APP?
Il lungo periodo di tempo passato con Mate 30 Pro e il non aver resistito alla tentazione e installare le Google Apps utilizzando uno dei metodi ufficiosi che si trovano in rete (in pratica un passaggio del tutto simile a quello mostrato nel nostro approfondimento di settembre), ci impedisce di valutare Mate 30 Pro nel suo complesso.
Il motivo è quello che immaginate: sebbene Play Store e App Google generiche funzionino in modo sufficiente, nell’utilizzo vero, prolungato e usando Mate 30 Pro come smartphone principale per settimane, ci sono alcune problematiche che vanno oggettivamente affrontate e una difficoltà che limita l’uso di Mate 30 Pro ad un qualunque utente normale. Localizzazione, app bancarie, applicazioni che integrano api Google e altro ancora sono funzionalità che, nonostante i servizi installati, sono difficili da far funzionare.
Un peccato, ma torneremo presto su questo argomento alla prima occasione possibile visto che la situazione non si è ancora sbloccata. La casa cinese ha tutte le intenzioni di spingere sul proprio store e le motivazioni per gli sviluppatori di certo non mancano ma sarà un argomento da valutare con P40 lasciando a Mate 30 Pro l’amara soddisfazione di essere uno dei migliori cameraphone del 2019…
DESIGN O CONCRETEZZA?
Ritengo il Mate 30 Pro uno degli smartphone più “sexy” del 2019 e la mia idea non è cambiata dopo averlo provato per settimane; il suo modulo posteriore iconico crea curiosità agli occhi degli altri e le sue linee circolari si coniugano bene con i bordi stondati. Gli elementi principali sono particolari e questo gli fa onore in mezzo ad un mare di smartphone tutti uguali, ma a che prezzo?
Alla lunga si paga in usabilità, l’ergonomia è discretamente buona ma i bordi così curvi impongono dei limiti in alcune operazioni come la semplice scrittura di un messaggio a due mani. La cosa è soggettiva perché ognuno impugna differentemente i dispositivi mobili, ma più in generale ho riscoperto nell’ultimo anno una certa ammirazione per i display flat, orizzontali e senza fronzoli che sono sempre più semplici nell’interazione diretta.
Bella ad esempio l’idea del bilanciere del volume “flottante”, virtuale e attivabile con un doppio tocco su uno o entrambi i bordi, dopo qualche giorno ci si abitua al movimento e viene anche spontaneo ma, ne abbiamo davvero bisogno? Credo di no, penso che il classico doppio tasto sia ancora più comodo e funzionale. Insomma concretezza batte design, almeno in questa tornata.