Fino a dieci milioni di tonnellate di ghiaccio generate nell’atmosfera, dove alla quota di 18 chilometri la temperatura era scesa sotto 80 gradi, e una pioggia di circa 100.000 fulmini, fino 72 al minuto, per sei giorni consecutivi: sono state queste le incredibili conseguenze della nube di polveri frutto dell’eruzione del vulcano indonesiano Anak Krakatau, avvenuta nel dicembre 2018. A ricostruire questo scenario senza precedenti è la ricerca internazionale pubblicata sulla rivista Scientific Reports, condotta in collaborazione fra dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Istituto per il supercalcolo di Barcellona e Università di Padova.
Dati dei satelliti, osservazioni da terra e un modello di colonna eruttiva hanno permesso di mettere per la prima volta in relazione l’altezza della nube vulcanica con la frequenza della generazione dei fulmini. “Per sei giorni – ha detto Stefano Corradini, dell’Ingv – la tempesta, alimentata dal calore generato dall’attività vulcanica ha portato la colonna eruttiva a raggiungere altezze comprese tra sedici e diciotto chilometri con temperature alla sommità fino a meno 80 gradi”.
Finora era noto che l’attività vulcanica che avviene in atmosfere umide tropicali può favorire il trasferimento di calore e innescare temporali vulcanici. Tuttavia, questi fenomeni raramente durano per più di un giorno. Nel caso del vulcano indonesiano invece, ha rilevato Corradini, “il vapore acqueo congelato ad alta quota ha generato fino a dieci milioni di tonnellate di ghiaccio. Questa imponente quantità di ghiaccio mantenuta nell’alta troposfera per giorni, assieme alle rapide correnti ascensionali, ha provocato la generazione di un numero enorme di fulmini, fino a 72 al minuto. Eventi simili – ha concluso – sono estremamente rari anche per i temporali meteorologici”.