E dunque a gestire meglio i casi gravi. Una ricerca condotta da genetisti italiani ha individuato alcuni enzimi che aiutano il coronavirus a diffondersi e un composto ben tollerato che potrebbe bloccarli
Anche se sono arrivati e stanno arrivando i vaccini, non dobbiamo smettere di studiare e mettere a punto nuove armi terapeutiche contro Covid-19. Oggi gli scienziati rivelano che un composto organico derivato dalle piante e ben tollerato dall’organismo umano potrebbe rivelarsi utile per aiutare a combattere l’infezione da nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Il composto in questione è l’indolo-3-carbinolo e a formulare l’ipotesi, sulla base di primi dati sperimentali, è uno studio internazionale, cui partecipano ampiamente anche i ricercatori italiani di vari istituti. La ricerca, coordinata dai genetisti italiani Giuseppe Novelli e Pier Paolo Pandolfi, ha messo a fuoco l’attività di particolari enzimi che favoriscono la diffusione del virus e rilevato, per ora in vitro, che il composto I3C potrebbe bloccarli aiutando a contrastare l’infezione. I risultati, pubblicati sulla rivista Cell Death & Disease del gruppo Nature, sono promettenti ma iniziali e, come rimarcato dagli stessi autori, aprono una prospettiva di ricerca che fornirà risposte più chiare nel lungo termine.
Gli enzimi che aiutano il coronavirus
I ricercatori hanno identificato il ruolo di una serie di enzimi, piccole proteine chiamate E3-ubiquitin ligasi, che servono al coronavirus Sars-Cov-2 per uscire dalle cellule infettate e diffondersi agli altri tessuti dell’organismo. Ma il Sars-Cov-2 non è l’unico a trarre benefici da queste proteine: anche il virus causa dell’ebola le sfrutta per espandersi. I livelli di questi enzimi sono più elevati nei polmoni dei pazienti con Covid-19. Inoltre in un sottogruppo di circa 1.300 pazienti considerati, colpiti da forme gravi di Covid, gli autori hanno rilevato la presenza di tre mutazioni genetiche rare relative a questi enzimi che potrebbero avere un ruolo nel peggiorare la malattia.
Il composto che viene dalle crocifere (dal cavolo)
Gli autori hanno anche rilevato, in vitro, che il composto indolo-3-carbinolo I3C riesce a inibire questi enzimi e dunque a bloccare l’uscita e la moltiplicazione del virus dalle cellule infettate. Per questo, qualora quest’azione fosse confermata, potrebbe essere utilizzato come antivirale preso singolarmente o in combinazione con altre terapie. Il composto I3C deriva a sua volta dalla degradazione di un altro composto (glucosinolato glucobrassicina) che si trova in quasi tutte le crocifere, in particolare quelle commestibili come cavoli, broccoli, cavolini di Bruxelles e cavolfiori.
Se la sperimentazione è ancora lunga, o meglio, ha i suoi tempi tecnici, a causa dei quali dobbiamo sottolineare che la terapia non è pronta, al contrario l’approvazione del composto potrebbe non richiedere molto tempo dato che è già utilizzato come integratore in alcune patologie e studiato ampiamente a livello scientifico per la sua potenziale azione anticancro. Mentre la sua assunzione contro il Covid a oggi non è in alcun modo raccomandata.
Come inquadrare il risultato di oggi
Le implicazioni pratiche dello studio non sono immediate anche se la strada aperta è promettente. “Dobbiamo pensare a lungo termine. I vaccini, pur essendo molto efficaci, potrebbero non esserlo più in futuro, perché il virus muta, e quindi è necessario disporre di più armi per combatterlo”, sottolinea Pier Paolo Pandolfi dell’università di Torino e del Nevada. “La scoperta su I3C è importante e ora dobbiamo avviare studi clinici per dimostrare la sua potenziale efficacia. Sarà importante valutare se I3C possa anche ridurre le gravissime complicazioni cliniche che molti pazienti sperimentano dopo aver superato la fase acuta dell’infezione. Questo rappresenterà un grave problema negli anni a venire, che dovremo gestire”.
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