Moderna ha consegnato un suo studio alle autorità sanitarie statunitensi, mentre la nuova campagna di vaccinazione in Israele sembra capace di mettere un freno alla quarta ondata
Serve un nuovo richiamo di vaccino anti-Covid per contrastare la diffusione della variante delta? Non c’è ancora niente di ufficiale, ma i dati che stanno arrivando in queste ore sembrano promuovere la cosiddetta terza dose. Moderna ha annunciato di aver condotto uno studio clinico che dimostrerebbe che la somministrazione di una terza dose ridotta del proprio vaccino aumenta in modo significativo i livelli di anticorpi efficaci anche contro la variante delta, e di aver condiviso i dati sull’efficacia con la Food and Drug Administration (Fda) statunitense per ricevere l’autorizzazione.
Anche i dati da Israele, che da un mese ha iniziato la campagna di richiamo con Pfizer a partire dagli over 60 e adesso anche per gli over 12, sembrano più che buoni, col rischio di positività al coronavirus che scende dell’84% a 20 giorni dalla somministrazione del vaccino. Le autorità regolatorie di Stati Uniti e Europa si preparano ad analizzare velocemente i dati, mentre il nostro ministero della Salute preannuncia un nuovo giro di vaccinazioni in autunno partendo dai più fragili e dagli operatori sanitari.
Richiamo con vaccini a mRna al vaglio
Moderna ha appena comunicato i risultati di un proprio studio clinico che aveva l’obiettivo di verificare gli effetti di un secondo richiamo del proprio vaccino anti-Covid. La farmaceutica riferisce di aver sperimentato una terza dose del prodotto ridotta del 50% (cioè da 100 microgrammi di mRna a 50 microgrammi) e che i dati preliminari indicano che la somministrazione ha come effetto un deciso aumento della risposta anticorpale efficace contro la variante delta.
I ricercatori hanno inoculato il richiamo a circa 350 persone che erano state coinvolte nello studio originale e hanno constatato una risposta immunitaria con produzione di anticorpi neutralizzanti migliore di quella osservata dopo la seconda dose, con un profilo di sicurezza simile. Presentata la domanda di autorizzazione alla Fda, Moderna ha intenzione di rivolgersi anche all’Agenzia europea per i medicinali (Ema) e ad altre autorità nel mondo.
Moderna arriva poco dopo Pfizer-Biontech, che ha già presentato domanda di autorizzazione alla somministrazione della terza dose del proprio prodotto. La Fda sta accelerando i tempi di verifica (anche per via delle pressioni politiche con la Casa Bianca che si dice intenzionata a far partire una nuova campagna vaccinale quanto prima) e terrà una riunione pubblica il 17 settembre. Non si sa se in quell’occasione si discuterà anche di Moderna, riferisce l’agenzia Reuters.
I dati israeliani
Nonostante la massiccia campagna vaccinale, Israele è teatro della quarta ondata di questa pandemia guidata dalla variante delta, la più contagiosa e aggressiva finora. Per cercare di arginarne la diffusione il governo già a fine luglio ha deciso di avviare una nuova campagna di immunizzazione con un altro richiamo del vaccino Pfizer-Biontech, a distanza di almeno 5 mesi dalla seconda dose. Si è cominciato dagli over-60 per estendere poi al resto della popolazione over-12.
Finalmente stanno arrivando i risultati preliminari e da poco è disponibile lo studio condotto dagli esperti del Maccabi Healthcare Services e della Yale School of Public Health, anche se non è ancora stato sottoposto a peer-review. Per gli scienziati il calo della protezione a 5-6 mesi di distanza dalla seconda dose può essere compensato da un nuovo richiamo, che permette di ridurre il rischio di infezione del 48-68% nel giro di 7-13 giorni dopo la somministrazione rispetto al rischio di coloro che si fermano alla seconda dose. Dopo 14-20 giorni, poi, la protezione si alza ulteriormente e il rischio di avere un tampone positivo si riduce del 70-84%.
Sebbene Israele sia ancora nel pieno della quarta ondata, l’aumento delle immunizzazioni con un nuovo richiamo secondo gli esperti dovrebbe avere effetti positivi sull’evoluzione della curva epidemiologica.
Cosa ha deciso l’Ema
In attesa di prendere visione dei nuovi dati, l’Agenzia europea del farmaco (Ema) non cambia la propria posizione circa la somministrazione di un ulteriore richiamo di vaccino anti-Covid. Le informazioni sull’efficacia nella prevenzione di casi di malattia grave, ricoveri e decessi sono ancora poche, anche perché non esiste solo la risposta immunitaria anticorpale (anche se questa scema nel tempo potrebbero persistere altre forme di immunità altrettanto efficaci nel contrastare l’infezione, e ci sono studi in corso).
Pertanto nel suo ultimo rapporto Ema ribadisce che per il momento la priorità rimane quella di completare il ciclo vaccinale già approvato per la popolazione idonea. Tuttavia, alla luce dei risultati preliminari di studi su popolazioni fragili (immunodepressi, trapiantati, etc), è da prendere in considerazione sin d’ora la possibilità di ricorrere a una dose extra per anziani e persone con condizioni che hanno pregiudicato una buona risposta immunitaria al termine del ciclo vaccinale approvato.
Seguono la linea tracciata da Ema le dichiarazioni del consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi, che prevede una nuova fase di immunizzazione in autunno per le categorie fragili e probabilmente in seguito per gli operatori sanitari, i primi a essere stati vaccinati. “L’obiettivo strategico – ha dichiarato Ricciardi a Sky Tg24 – è quello di vaccinare la stragrande maggioranza degli italiani entro l’anno. In questo momento siamo al 71%, dobbiamo superare la quota dell’80%, che è l’obiettivo minimale per garantire un po’ di sicurezza al Paese, ma quello ottimale sarebbe al 90%”.
Ciò non significa che in autunno ci sarà un richiamo per tutti, ha ribadito il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri in un’intervista a Morning News, ma “è possibile che andando avanti l’industria ci fornirà delle terze dosi che verosimilmente saranno adattate alle varianti riscontrate in futuro”.
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