Ci sono migliaia di oggetti fisici che affollano la vita di tutti i giorni. Alcuni sono essenziali, altri superflui, altri ancora borderline tra l’evitabilità e la pseudo-utilità. Ma ce n’è uno che ci portiamo appresso da tempo immemore e che racchiude in pochi centimetri un’abbondante fetta di vita. Un forziere ricolmo di informazioni personali, risorse pecuniarie, atti di fedeltà, permessi, distintivi ma anche gingilli e cimeli, un portachiavi d’accesso universale a porte, portoni e cancelli della quotidianità, ovviamente in forma metaforica e ancora (per poco) analogica.
Bando ai voli pindarici, sto parlando di lui: il portafogli. Questo oggetto così piccolo e così indispensabile sta correndo il grave rischio di essere soppiantato in tutto e per tutto da un altro dispositivo – altrettanto necessario – che si sta impossessando sia di ciò che contiene, sia delle sue funzioni, rubandogli una scena calcata da tempo senza co-protagonisti né antagonisti: lo smartphone.
E-WALLET E MOLTO ALTRO
Come ben noto, la pandemia globale e l’urgenza di una nuova realtà contactless, abbinate a un processo di digitalizzazione dei pagamenti avviato già da tempo, hanno portato a una crescita esponenziale dei pagamenti mobile negli ultimi due anni: secondo i dati dell’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano, in Italia il settore del mobile payment è aumentato dell’80% nel 2020, raggiungendo un valore che ha sfiorato i 3,5 miliardi di euro
Non è un caso che i cosiddetti portafogli elettronici o e-wallet, strumenti che contengono carte di credito, bancomat, carte fedeltà e altri documenti, adesso siano sempre più integrati nelle abitudini d’acquisto degli utenti, così come lo sono i servizi di mobile proximity payment, le piattaforme che abbinano la parola “Pay” al nome di colossi, come Google Pay, Apple Pay e Samsung Pay, ormai utilizzatissimi in tutto il mondo. Dopotutto pagare con smartphone o smartwatch è davvero semplice: basta collegare la propria carta di credito o bancomat a un’app ed il gioco è fatto.
Tanto che risulta quanto mai verosimile immaginare che a breve questa modalità possa arrivare a detronizzare definitivamente non solo i contanti, ma anche le carte di pagamento “fisiche”.
I DOCUMENTI NEL MIRINO DEI BIG DEL TECH
Fin qui nulla di nuovo, dal momento in cui la dematerializzazione del denaro è un processo in atto già da tempo. Nel portafogli, però, non vengono riposte soltanto le carte di pagamento e i contanti. Nei suoi scomparti è stipato davvero di tutto: dal badge aziendale alle tessere fedeltà, passando per i biglietti dei trasporti pubblici e il neonato Green pass, fino alle card di iscrizione alle palestre.
Il fatto sorprendente è che gran parte di questi elementi – ma non solo – sono ormai trasferibili su smartphone. Basti pensare che a breve lo saranno anche le chiavi di casa, dell’ufficio, dell’hotel e persino della macchina (ad esempio le Digital Key di alcune case automobilistiche che, grazie alla tecnologia Ultra Wideband, permettono di aprire la propria vettura e far partire il motore addirittura senza il bisogno di estrarre fisicamente lo smartphone).
Cosa rimane quindi all’interno del caro, vecchio portafogli, ora che quasi tutto può traslocare sul telefono? Gli indiscussi superstiti della carta rimangono i documenti personali come la carta d’identità, il passaporto, la patente di guida e la tessera sanitaria, ultimo baluardo fisico e insostituibile della nostra vita, che nel tempo hanno però mutato forma e dimensioni puntando su un formato sempre più compatto.
I tempi, tuttavia, stanno cambiando e lo smartphone, da bravo predatore seriale, ha già puntato gli occhi anche sui documenti di identità nonostante le criticità che la trasposizione digitale di dati così sensibili possa sollevare.
IL CASO APPLE
Ed ecco apparire ancora una volta il logo della Mela morsicata: Apple aveva già lanciato segnali molto chiari, presagio di un imminente, decisivo cambio su questo fronte. Prima con il lancio di Apple Pay e Wallet, con cui ha piantato una prima bandierina nell’universo dei pagamenti contactless, poi con il portafogli Magsafe, una custodia da applicare al retro dell’iPhone che fonde in un unico “corpo” i due oggetti. I primi sintomi della volontà di avvicinare, se non addirittura incorporare, sempre di più il portafogli nel telefono mobile erano tanti e ora il salto finale sta per essere compiuto.
A guidare la rivoluzione è iOS 15: il nuovo sistema operativo della Mela morsicata, fresco di lancio lo scorso 20 settembre, ha introdotto la possibilità di trasferire nel wallet anche la patente di guida e la carta d’identità. Non avrà la valenza di una semplice scansione, ma di un documento in “carne e ossa”. La funzione, ancora in fase di “collaudo”, potrebbe richiedere ancora tempo prima che venga rilasciata globalmente, proprio perché sarà necessario un lavoro congiunto tra Apple e le unità governative dei singoli Stati.
Ad oggi la Mela morsicata ha ottenuto il lasciapassare da otto Stati degli USA: Arizona e Georgia faranno da apripista, seguiti da Kentucky, Iowa, Connecticut, Utah, Maryland e Oklahoma. Parallelamente, la Transportation Security Administration (TSA), l’ente deputato alla sicurezza aeroportuale, abiliterà i checkpoint e le apposite corsie negli aeroporti, che diventeranno i primissimi luoghi in cui saranno utilizzati i documenti in versione digitale.
In passato una mossa simile era stata fatta da Google, che non ha stretto accordi statali come Apple, ma ha comunque ideato un supporto simile con Android 11. Tutto questo perché da qualche tempo negli Stati Uniti le istituzioni e le aziende hanno trovato un accordo comune sullo standard ISO 18013-5 che ha dato il via libera allo sviluppo di applicazioni per smartphone e dispositivi mobili che permettono agli utenti di esibire i device contenenti i propri documenti d’identità.
Ma come funziona il nuovo sistema di autenticazione di iOS 15? Apple ha assicurato che il processo con cui si potrà inserire la carta d’identità o la patente di guida nel Wallet è molto simile a quello delle carte di pagamento (soprattutto la fase di onboarding, che ricorda la configurazione di Face ID): dopo una scansione del documento, un selfie e dei movimenti del volto per un’ulteriore verifica, il documento sarà registrato nel dispositivo.
E la privacy? L’azienda assicura che le informazioni sull’identità vengono rilasciate solo dopo l’autorizzazione con face ID o touch ID e che non bisognerà sbloccare o mostrare lo smartphone, né consegnarlo al momento dell’individuazione: per leggere i dati sarà utilizzato soltanto un lettore di identità. Gli Stati emittenti non verranno informati sul luogo e il momento dell’individuazione e in caso di smarrimento del dispositivo, l’app Dov’è lo localizzerà e inizializzerà da remoto, funzione analoga a quella di Find My Device di Google.
Resta però lo scetticismo di molti utenti nel salvare dati confidenziali su cloud, essendo la carta d’identità considerata il primo e più importante anello della lunga catena di informazioni sensibili. Ma questo è un fatto complesso che interessa indistintamente tutte le app che accedono ad altri dati sensibili come la nostra posizione, i nostri contatti e simili. Anche in questo caso, Apple assicura che i documenti di identità trasferiti in Wallet sono criptati e archiviati nel Secure Element, la tecnologia hardware utilizzata anche da Apple Pay per tutelare la sicurezza e la privacy degli utenti.
Rimane un altro nodo da sciogliere: la questione delle batterie. Se è vero che è più semplice dimenticare un documento piuttosto che il proprio smartphone, ormai diventato il prolungamento digitale del nostro corpo, è altrettanto vero che il telefono ha un’autonomia limitata e c’è il rischio che, a batteria scarica e nel momento dei controlli, il proprio documento rimanga “imprigionato” al suo interno, motivo per cui probabilmente non ci libereremo tanto facilmente della controparte cartacea di quest’ultimo.
COSA NE SARÀ DEL PORTAFOGLI
Considerando la rapidità con cui le innovazioni si susseguono, è piuttosto verosimile immaginare uno scenario in cui il portafogli in futuro vivrà un ruolo sempre più marginale, scomparendo lentamente dalle nostre tasche.
Non mancano, certamente, le tecnologie. Affinché avvenga la transizione definitiva, tuttavia, è necessario che tutti gli organi statali e i singoli Paesi, Italia compresa, imbocchino la stessa direzione, adottando ogni accortezza possibile nel consegnare nelle mani dei colossi tecnologici un presidio importante come i documenti di riconoscimento personali. Per l’Italia, al momento, la questione risulta ancora marginale, ma Stati come Germania, Regno Unito e Giappone starebbero meditando di seguire l’esempio degli Stati Uniti.
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