Avete presente quando valutiamo con un punteggio da uno a cinque stelline un hotel o un ristorante che abbiamo visitato? La Cina sta testando ormai da sette anni un sistema simile che giudica non edifici e luoghi, ma persone: si chiama sistema di credito sociale (SCS), e in questi anni è stato bersaglio di numerose critiche da parte del mondo occidentale. Anche in Italia la RAI ha raccontato questo gioco a punti distopico che tanto somiglia a un episodio della serie Netflix Black Mirror: la questione, però, è più complicata di come i media l’hanno descritta negli anni. Un articolo di Wired evidenzia le diverse sfumature di questo sistema di controllo messo in atto dal governo cinese, che non funziona ancora a pieno regime e non è uniformato a livello nazionale.
Non esiste un unico sistema. L’obiettivo del sistema è quello di “incentivare le buone azioni” (o quelle considerate tali) attraverso l’assegnazione di crediti, e disincentivare quelle cattive togliendone. Uno dei principali errori esplicativi commesso dai media in questi anni è quello di confondere le versioni aziendali e private del sistema di credito con quella ufficiale del governo. «Alcuni media hanno descritto i sistemi utilizzati da aziende come Sesame Credit, presentandoli come il SCS ufficiale», spiega Mareike Ohlberg (Mercator Institute for China Studies). Nei progetti privati come quello di Sesame Credit, che vanta 400 milioni di utenti, vengono giudicate (e premiate con denaro) le abitudini più disparate: dall’utilizzo dei videogiochi (che fa perdere crediti) al fatto di essere genitori (che ne fa guadagnare).
Strumento anticovid. L’SCS è stato utilizzato anche durante la covid per individuare e multare chi non rispettava le misure restrittive: in molte città, chi violava la quarantena e si rifiutava di farsi misurare la temperatura corporea veniva aggiunto a una lista nera. D’altro canto, il sistema è servito anche per sospendere momentaneamente i debiti di aziende e cittadini durante l’emergenza sanitaria, e per permettere alle imprese di ritardare i pagamenti dei dipendenti senza incorrere in multe.
È obbligatorio? Prendere parte ai sistemi privati o governativi di credito sociale è tecnicamente volontario, ma esistono incentivi per chi decide di aderirvi, e disincentivi per chi si rifiuta di partecipare.
Censura e disuguaglianza sociale. L’idea è che l’SCS venga un giorno esteso a livello nazionale, e che a ogni cittadino cinese sia associato un numero identificativo, connesso a un registro personale, da utilizzare per verificare la propria “fedina comportamentale” al momento di comprare un biglietto aereo o sottoscrivere un mutuo: chi sarà debitore al governo, ad esempio, non potrà fare nessuna delle due cose.
Il rischio, però, è che l’SCS diventi lo strumento di censura e controllo di un governo già sufficientemente autoritario e poco propenso alla libertà di pensiero: basti pensare al caso di Liu Hu, giornalista che ha denunciato la corruzione del governo e che per questo è stato arrestato, multato ed è ora nella lista nera; non può viaggiare, comprare una casa o sottoscrivere un mutuo. La soluzione? Pagare il governo o venire giudicato in tribunale.
Un altro timore è che l’SCS possa esacerbare le disuguaglianze sociali, dividendo la società e creando classi di emarginati. «Una volta perso gran parte del credito sociale, è difficile recuperarlo», spiega Ohlberg: «credo sia facile poi cadere in una spirale negativa.»
Non ha senso essere liberi se non si possono commettere errori (Gandhi)
Uno strumento in più. L’SCS è solo l’ultimo degli strumenti di controllo impiegati dal governo cinese per monitorare il comportamento dei propri cittadini: in taxi, per strada, al supermercato si è sempre osservati dall’occhio delle telecamere (170 milioni in tutto il Paese), che grazie al riconoscimento facciale sono in grado di individuare una persona in appena sette minuti ovunque si trovi.