Secondo il rapporto Forrester Job Forecast pubblicato proprio qualche giorno fa, nel 2040 i robot avranno sottratto agli esseri umani 12 milioni di posti di lavoro. Lo studio ha preso in esame le prospettive occupazionali in Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, arrivando a concludere che la progressiva automazione arriverà arriverà a “minacciare” il 25% dei posti di lavoro nei cinque Paesi considerati.
Guardando oltre i numeri dell’ultimo report, la questione non è nuova: già nel 2018, quando molti dei rivolgimenti degli ultimi anni erano ancora di là da venire, il Forum economico mondiale aveva prospettato delle ipotesi simili, arrivando addirittura a dire che nel 2025 i lavori automatizzati sarebbero stati più del 50% rispetto al totale.
Quindi, siamo destinati a farci sostituire dai robot? Di sicuro il processo di automazione riguarda già oggi molte realtà, e ci pone di fronte alla necessità di sviluppare nuovi strumenti, anche giuridici e legislativi, per affrontare questi cambiamenti, a partire dai diritti dei robot. Ecco qualche spunto sulla situazione attuale.
OSPITALITÀ, TEMPO LIBERO, SERVIZI: I LAVORI A RISCHIO
Secondo il report, i settori più colpiti sono quelli dove prevalgono le funzioni di routine che potrebbero essere affidate alle macchine: si parla quindi di negozi di vendita al dettaglio, ristoranti, settore dell’ospitalità e del tempo libero – anche se non si può dire che l’hotel giapponese gestito dai robot non abbia avuto qualche problemino.
Stando ai dati riportati nello studio scientifico “Rischi di automazione delle occupazioni: una stima per l’Italia” che ha stimato le probabilità di automazione di 800 professioni contenute nel database Istat-Inapp, tra le professioni a rischio ci sono quindi addetti alla contabilità e alle consegne, centralinisti, portieri, chi opera nell’assemblaggio e nella logistica, i cassieri.
A mettere il turbo ai processi che già acceleravano la spinta all’automazione ci si è messa anche la pandemia, che ha portato le aziende a pensare di affidarsi maggiormente alle macchine per evitare blocchi nella produzione. Con un respiro molto più ampio anche Hyundai si è lanciata nel campo della robotica acquisendo Boston Dynamics e presentando al CES degli scenari avveniristici di integrazione tra robot e metaverso.
PIÙ CHE UNA SCELTA, UN’ESIGENZA
Lo scenario però potrebbe rivelarsi meno fosco di quello che appare di primo acchito, perché l’avvento dei robot potrebbe essere anche un’opportunità: secondo il report Forrester, la forza lavoro necessaria a progettare e costruire robot, insieme agli sforzi da mettere in campo per la rivoluzione green, potrebbe creare 9 milioni di impieghi, e quindi una perdita netta di 3 milioni di posti di lavoro rispetto ai dodici annunciati in apertura.
Anche questo dato va messo ulteriormente in prospettiva, perché potrebbe anche darsi che sostituire gli esseri umani con i robot sul posto di lavoro diventi un’esigenza più che una scelta: l’aspetto che potrebbe rendere più pacifica la coesistenza sul posto di lavoro fra umani e robot è quello demografico, perché la crisi della natalità che interessa l’Europa da ormai diversi anni avrà un impatto anche sulla popolazione in età lavorativa, che si ridurrà progressivamente.
LA ROBOTICA COME SERVIZIO
Effettivamente, senza guardare nemmeno così in là, alcune cose sono già realtà: la robotica negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, come dimostra una linea di produzione di qualsiasi azienda automobilistica.
Oltre ai lavori dell’immaginario comune, dalle catene di montaggio alla costruzione di elettrodomestici, ci sono anche impieghi insoliti, come i robot della Automated Architecture Ltd che costruiscono case. L’azienda, una di quelle che si sono distinte tra gli innovatori verdi, si occupa di costruire case ecologiche, sostenibili ed economiche grazie al solo lavoro dei robot, che svolgono le mansioni dei manovali e anche dei tecnici, mettendo a punto impianti, tubature e pavimenti delle abitazioni modulari.
Ma se per le grandi aziende l’acquisto di macchinari da centinaia di migliaia di dollari a cui sommare le spese per gestirne il software è uno sforzo in linea con il fatturato, lo stesso non si può dire delle realtà più piccole. E così un’altra tendenza che sta emergendo negli Stati Uniti è quella della robotica come servizio.
In pratica ci sono aziende, come ad esempio la Formic, che acquistano bracci robotici standard e li affittano insieme al proprio software, permettendo così anche a società di piccole dimensioni di far entrare nei propri stabilimenti dei “dipendenti robotici” che, secondo quanto riportato dall’imprenditore intervistato da Wired, vengono pagati l’equivalente di 8 dollari l’ora, cioè quasi la metà del salario minimo previsto per un operaio umano. Il calo dei costi contribuisce quindi alla diffusione di queste tecnologie.
I DIRITTI DEI ROBOT
Questa accelerazione, con un impiego sempre più esteso di macchine avanzate con vari gradi di autonomia, solleva il tema dei diritti dei robot.
Anche il Parlamento Europeo nel 2017 ne ha sottolineato l’importanza, votando una serie di raccomandazioni rivolte alla Commissione europea in materia di diritto civile sulla robotica e suggerendo l’istituzione di uno status giuridico specifico per i robot e la stesura di un codice etico per chi li progetta. Nel documento si legge:
è necessaria una serie di norme che disciplinino in particolare la responsabilità, la trasparenza e l’assunzione di responsabilità e che riflettano i valori intrinsecamente europei, universali e umanistici che caratterizzano il contributo dell’Europa alla società.
Uno degli obiettivi era infatti occuparsi dell’attribuzione di responsabilità nel caso in cui macchine sempre più complesse provochino danni nel prendere decisioni autonome in determinati ambienti. Sempre dalla stessa fonte:
Nell’ipotesi in cui un robot possa prendere decisioni autonome, le norme tradizionali non sono sufficienti per attivare la responsabilità per i danni causati da un robot, in quanto non consentirebbero di determinare qual è il soggetto cui incombe la responsabilità del risarcimento né di esigere da tale soggetto la riparazione dei danni causati.
Il presupposto è che più i robot sono autonomi, meno possono essere considerati dei semplici strumenti nelle mani di altri attori, che siano le aziende produttrici, i proprietari o gli utenti finali. Tuttavia il quadro normativo attuale presenta delle carenze da questo punto di vista; c’è la necessità di norme nuove, efficaci e al passo con i tempi e con le innovazioni.
Le categorie tradizionali di responsabilità potrebbero infatti non essere applicabili alle azioni o alle omissioni imputabili alle macchine, le cui cause magari non sono facilmente riconducibili a un soggetto umano specifico. Per esempio, nel caso in cui un’auto a guida autonoma investa una persona, la causa può anche essere attribuita a un malfunzionamento del software dell’auto ma la responsabilità potrebbe essere attribuita alla disattenzione del conducente umano che sarebbe tenuto a vigilare sulla guida.
Il dibattito sui diritti delle macchine non si ferma alla responsabilità giuridica delle azioni dei robot, e abbraccia anche questioni etiche: bisognerebbe favorire oppure no lo sviluppo di capacità emotive nei sistemi di intelligenza artificiale? I robot andrebbero considerati in relazione alle loro possibili sofferenze, se un giorno fossero in grado di provarle?
Spesso le riflessioni sui diritti delle macchine finiscono per tracciare analogie con i diritti degli animali, tema già parecchio più sdoganato: se la discriminante è avere abilità cognitive simili alle nostre, in questa condizione potrebbero rientrare anche forme di vita artificiale molto avanzate?
Seguendo questa analogia, le aziende tendono a non ritenersi responsabili dei processi di apprendimento relativi alle tecnologie che hanno sviluppato perché sostengono sia impossibile prevederne tutti gli esiti; tuttavia il comportamento imprevedibile non è un problema nuovo.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE
In conclusione, la questione è ancora tutta in divenire, e questo fa parte del suo fascino: per molti esperti il momento in cui ci troviamo rappresenta una nuova rivoluzione industriale, e come in quel caso, se così deve essere, sarà necessario cercare di capire e abbracciare il fenomeno nel tentativo di governarlo, piuttosto che limitarsi a rifiutarlo a priori.
Parte fondamentale di questa prospettiva è senz’altro l’istruzione, perché se è vero che i robot sostituiranno gli esseri umani in molte mansioni, per riuscire a cogliere l’opportunità dei nuovi impieghi offerta da questa evoluzione sarà necessario essere preparati, a partire dalla formazione. E voi, che ne pensate?
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