Entro la fine dell’anno Meta, già Facebook, svelerà ufficialmente Project Cambria, il suo primo visore per il metaverso. Ma ben prima, Mark Zuckerberg ha voluto fare il punto con la stampa internazionale sul lavoro svolto dalla divisione Reality Labs nel merito delle nuove tecnologie che renderanno possibile accedere ai mondi 3D, percependoli come se fossero reali.
“Il metaverso cambierà per sempre il modo di relazionarci gli uni con gli altri” ha detto Mark Zuckerberg poco prima di mostrare tre prototipi di visori. Il primo, nome in codice Butterscotch, è dotato di una risoluzione sufficiente a garantire in realtà virtuale una visione pari ai dieci decimi delle tabelle normalmente usate per le visite oculistiche. Poi Holocake 2, che il Ceo descrive come “il visore più sottile e leggero che abbiamo mai realizzato e compatibile con tutti i videogame per computer esistenti”. Il problema di Holocake 2 è che richiede l’uso di laser specializzati, ancora troppo spessi e costosi per essere integrati in un accessorio per il mercato di massa. Il terzo dispositivo mostrato è un parente stretto dei tanto attesi occhialini di Meta, almeno nelle forme. Si chiama Mirror Lake, riprende un paio di occhiali da sci e integra non solo la tecnologia di Holocake 2 ma anche le altre su cui Meta ha lavorato negli ultimi sette anni.
Il fine? Rispondere a quello che l’azienda chiama “il test visivo di Turing”. Nel 1950, Alan Turing ha ideato il test il cui scopo è stabilire se un computer è in grado di assumere comportamenti umani. Il test visivo è un modo per valutare se ciò che viene visualizzato in realtà virtuale è distinguibile dal mondo reale. “Stiamo compiendo un importante passo avanti verso il realismo e la creatività. Sono convinto che, se continueremo a fare progressi, arriveremo a un futuro in cui l’informatica sarà sempre più incentrata sulle persone e sul modo in cui vogliono vivere il mondo”.