Videogiochi sì o no? Fanno male ai bambini o, al contrario, contribuiscono a sviluppare alcune capacità del cervello? Il tema è dibattuto da anni e, a dirla tutta, diversi studi sono giunti a conclusioni molto diverse.
L’ultima ricerca in questo campo è stata condotta negli Stati Uniti e afferma che i bambini appassionati di videogame hanno una memoria e tempi di reazione migliori rispetto ai compagni più analogici. I ricercatori si sono avvalsi dei dati raccolti nell‘Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD) Study, uno dei più ampi database al mondo sullo studio a lungo termine dello sviluppo cerebrale di bambini e adolescenti.
Gamers contro tutti. Lo studio ha coinvolto 2.000 bambini tra i 9 e 10 anni di età divisi in due gruppi: quelli che giocavano almeno tre ore al giorno, e quelli che non avevano mai giocato. Entrambi i gruppi sono stati sottoposti a test per la valutazione della memoria a breve termine e della velocità di reazione agli stimoli. Tutti i partecipanti allo studio, nel corso del test, sono stati sottoposti a risonanza magnetica per immagini del cervello.
Bader Chaarani, autore dello studio, afferma che i videogiocatori non solo sono andati meglio nei test, ma hanno anche mostrato una maggiore attivazione delle zone del cervello responsabili dell’attenzione e della memoria. Lo studio non si è concentrato sulla tipologia di videogiochi utilizzati dai bambini, anche se la maggior parte di loro ha dichiarato di preferire sparatutto giochi d’azione piuttosto che giochi di logica o quiz.
Conclusioni affrettate? Jenny Radesky, direttore del dipartimento di pediatria comportamentale dell’Università del Michigan spiega alla CNN come questa ricerca confermi altri studi secondo i quali giocare ai videogiochi un paio di ore al giorno avrebbe effetti positivi sul benessere mentale.
Il dibattito continua. Ma prima di correre ad accendere la consolle è bene sottolineare, come spiega la stessa scienziata, che il lavoro di Chaarani non dimostra un rapporto causale tra l’utilizzo dei videogame e le migliori prestazioni cerebrali, ma solo che i videogiocatori partecipanti al test hanno riportato punteggi più alti in alcune prove. Il dibattito, comunque, continua.