Nel 2022 il governo serbo aveva revocato le concessioni per lo sviluppo del giacimento di litio da parte della multinazionale Rio Tinto. Nonostante le controversie, il progetto Jadar per l’estrazione del litio ha ottenuto il via libera. La Serbia, ha altresì firmato un protocollo d’intesa con l’Unione Europea per una collaborazione strategica nello sviluppo di batterie e veicoli elettrici e nello sfruttamento delle materie prime sostenibili.
La riunione per la stipulazione dell’accordo, avvenuta nella capitale serba in presenza del presedente Aleksandar Vucic, del cancelliere tedesco Olaf Scholz e del vicepresidente della commissione Ue e commissario per l’unione energetica Maros Sefcovic, è stata tenuta dopo la decisione delle autorità di Belgrado di riprendere in mano il progetto Jadar.
Alla firma dell’accordo erano presenti anche Luca Gori, Anke Konrad e Christopher Hill, ossia l’ambasciatore d’Italia a Belgrado, l’ambasciatrice tedesca e l’ambasciatore degli Stati Uniti, oltre ai ministri del governo serbo ed è stato firmato dal commissario Sefcovic e la ministra dell’energia serba Dubravka Djedovic Handanovic.
POGETTO JADAR
Il progetto Jadar, che terminerà nel 2028 grazie agli investimenti di 2,2 miliardi di euro, ha sin da subito scatenato un gran numero di controversie, sia tra il popolo sia tra le associazioni ambientaliste. Le cifre però parlano chiaro, sembrerebbe che la miniera con le sue 58.000 tonnellate di litio estratto ogni anno – tra le più grande d’Europa – sia in grado di aiutare la transizione verso un mondo più verde e garantire la produzione di un milione di veicoli elettrici, soddisfacendo così il 90% del fabbisogno europeo.
Inoltre, sarà un tassello in più per raggiungere gli obiettivi prefissati dall’Accordo di Parigi riguardo la decarbonizzazione entro il 2050.
I dibattiti nascono soprattutto dai timori di disastri ambientali, infatti, per estrarre questo metallo sono necessari diversi milioni di litri d’acqua. Acqua che al termine del processo non potrà essere rimessa in circolo nell’ambiente perché ricca di metalli pesanti e residui organici.
Prima di essere immessa nuovamente in natura dovrà, quindi, essere sottoposta a trattamenti accurati e specifici che andranno delegati ad aziende private che gestiscono impianti estrattivi, ma che avranno di conseguenza un costo maggiore per l’intero progetto.