Un gruppo di ricerca internazionale, guidato dal biomeccanico Montgomery Bertschy della University of Massachusetts, ha deciso di mettere alla prova le cosiddette “super scarpe” da corsa. Questi innovativi modelli di calzature (di cui vi abbiamo già parlato in passato) sono già largamente adottate nelle competizioni d’élite e sembrano offrire un vantaggio considerevole soprattutto per i corridori delle distanze medie (dai 1.500 ai 10.000 metri).
Secondo lo studio, pubblicato nel Journal of Sport and Health Science, le “super spikes” – dotate di una suola leggera con all’interno una piastra in fibra di carbonio – possono migliorare le prestazioni fino al 3,1% (un dato simile a quello fornito dalle case produttrici). Ma l’aspetto più interessante emerso dalla ricerca riguarda il meccanismo con cui le suddette scarpe influenzano la biomeccanica della corsa, intervenendo non solo sulla velocità, ma anche sull’efficienza del movimento.
Prestazioni migliorate. L’indagine ha coinvolto dodici atleti, sottoposti a una serie di test sulla distanza di 200 metri, con pause di recupero tra una corsa e l’altra. Nonostante corressero a un ritmo di gara simulato, lo studio ha riscontrato un aumento medio del 2% nelle prestazioni rispetto alle calzature tradizionali.
Alcuni runner sono riusciti a ridurre i tempi di ben 5 secondi sui 1.500 metri, un margine significativo in competizioni così serrate. Ciò che rende particolarmente interessante questo incremento è che non è dovuto a un aumento della frequenza, ma piuttosto a un allungamento del passo. La combinazione tra materiali innovativi, come l’elastomero Pebax, e un design studiato nei minimi dettagli ha permesso agli atleti di ottenere un vantaggio anche a parità di sforzo.
Fattore scarpa. Un ulteriore dettaglio che emerge dallo studio è che non tutte le scarpe sono uguali, e il loro impatto varia notevolmente a seconda dell’atleta che l’indossa. Gli scienziati hanno scoperto che il vantaggio offerto cambia non solo in base al modello utilizzato, ma anche in funzione delle diverse tecniche di corsa. Ethan Wilkie, biomeccanico della University of New Brunswick, ha spiegato che una differenza minima nel tipo di calzatura può determinare il successo o il fallimento di una gara, dove un centesimo in più o in meno è fondamentale. «Un miglioramento del 2% può significare la differenza tra l’oro e il quarto posto», spiega.
Questa affermazione è facilmente verificabile ma anche opinabile: il vincitore dei 1.500 metri piani maschili ai Giochi di Parigi 2024, per esempio, ha ottenuto un tempo di 3:27.65, mentre il quarto ha corso in 3:28.24.
Sottraendo il 2% al tempo di quest’ultimo, si otterrebbe 3:24.07, ben tre secondi e mezzo meglio del vincitore; tuttavia nel mezzofondo si corre in gruppo, per cui il ritmo personale è influenzato anche da quello degli avversari, il che comporta che si vada più forte o più piano tutti insieme. Per questo motivo, è più utile concentrarsi su altri vantaggi offerti dalle “super scarpe”, e cioè sul fatto che risultino particolarmente efficaci nel ridurre il dispendio energetico, migliorando l’efficienza della corsa sulle medie e lunghe distanze.
Prospettive future. Con i record mondiali che continuano a cadere a ritmi mai visti prima, gli atleti e le loro squadre non smetteranno di cercare nuovi metodi per guadagnare anche il minimo vantaggio competitivo. Questa nuova attrezzatura tecnica rappresenta solo un tassello del quadro generale, ma uno di quelli più importanti nel panorama dell’atletica.
E mentre la tecnologia avanza, anche le competizioni diventano più dure e la possibilità di dotarsi o meno di questi nuovi strumenti diventa cruciale. Resta da vedere se il mondo sportivo, e in particolare le autorità che lo gestiscono, decideranno di intervenire per limitare l’uso di queste calzature, come è già successo in passato con altre innovazioni tecnologiche, soprattutto in vista delle Olimpiadi del 2028. Alla Federazione Internazionale e al Comitato Olimpico l’ardua sentenza.
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