Lo dicono i giornali, lo ripete la televisione, lo rimbalzano i social media: sarà quindi vero che il primo ministro finlandese Sanna Marin sta per inaugurare nel proprio Paese la settimana lavorativa da quattro giorni.
Non solo: stando a quanto si legge e si sente, nel web e non solo, per ognuno di quei quattro giorni ciascuno lavorerà appena sei ore. Se non sembra la concretizzazione del paradiso dei lavoratori, poco ci manca.
Il guaio è che nulla di tutto ciò è vero, e si fa presto a dimostrarlo: la “settimana cortissima” non è parte del programma di governo, e diverse fonti governative hanno dichiarato apertamente a News Now Finland che nessuno ha intenzione di proporla.
Quel che è davvero successo è che lo scorso agosto, a una convention del partito social-democratico finlandese, l’allora Ministro dei Trasporti Sanna Marin aveva informalmente ipotizzato che gli abitanti della Finlandia potessero trarre beneficio da una settimana lavorativa di quattro giorni, oppure da una giornata lavorativa di sei ore.
L’ipotesi, che sul momento aveva ricevuto pochi commenti e altrettanto poca attenzione, era poi scivolata nell’oblio fino a che lo scorso 16 dicembre una giornalista australiana ha riportato la notizia, citando le parole pronunciate dalla Marin in estate: «Una settimana da quattro giorni e una giornata da sei ore lavorative. Perché non dovrebbero essere il prossimo passo? Davvero le otto ore sono intoccabili? Io credo che le persone debbano passare più tempo con le loro famiglie e i loro cari, seguendo i loro hobby e occupandosi degli altri aspetti delle loro vite, come la cultura».
La citazione in sé era corretta, ma ha creato un effetto valanga. È stata ripresa il 2 gennaio da un giornalista belga sul quoditiano New Europe, in cui fin dal titolo si affermava che Sanna Marin, a quel punto Primo Ministro, intendesse davvero attuare quella che, quand’era solo Ministro dei Trasporti, aveva soltanto avanzato come ipotesi.
A quanto pare è da qui che la diffusione della bufala è iniziata. La stampa inglese ha presto ripreso la notizia tale e quale (dunque in forma enormemente distorta rispetto ai fatti) e da lì è poi arrivata in tutto il mondo.
Ora è vero che i danni causati da una bufala di questo tipo sono minimi, ma l’intero caso fa riflettere sulla facilità con cui si diffondono le notizie false o, come si usa dire ora, le fake news.
Sembra proprio che la disinformazione si propaghi molto più velocemente della verità, e ciò può diventare un vero problema sia per i cittadini comuni – che cascano nella falsità – sia per i governi, quando essi vengono coinvolti pur non avendo fatto nulla come nel caso della Finlandia.
In fondo il problema non è nuovo: sebbene a tutti possa capitare di fare un errore, è sempre meglio aspettare, informarsi ulteriormente e verificare prima di credere a tutto ciò che si legge nel web – o si sente ripetere in televisione.