Nell’Artico lo scioglimento del ghiaccio marino minaccia il permafrost, il suolo perennemente ghiacciato, che sciogliendosi potrebbe liberare l’anidride carbonica che immagazzina. Lo indica la ricerca pubblicato sulla rivista Nature dal gruppo dell’università britannica di Oxford guidato da Gideon Henderson.
I ricercatori hanno ricostruito i periodi nei quali il permafrost si è scongelato in passato, notando la loro coincidenza con l’assottigliamento del ghiaccio marino. “Siamo rimasti sorpresi di scoprire che i periodi in cui il permafrost si era sciolto in passato erano quelli in cui l’Artico era privo di ghiaccio in estate”, ha rilevato Henderson. “Questa scoperta – ha aggiunto – suggerisce che la prevista fusione del ghiaccio marino artico possa accelerare lo scioglimento del permafrost che si trova in gran parte della Siberia”.
Ulteriori dati sono arrivati dall’analisi delle grotte siberiane nelle quali in passato hanno potuto formarsi stalagmiti e stalattiti grazie alla presenza di acqua allo stato liquido: è emerso che le stalagmiti sono cresciute in modo intermittente nel periodo compreso fra 1,5 milioni di anni fa e 400.000 anni fa e che non sono cresciute negli ultimi 400.000 anni in quanto i loro tempi di formazione coincidono con quelli in cui l’Oceano Artico era libero dal ghiaccio marino in estate.
I ricercatori hanno concluso così che l’assenza di ghiaccio marino accelera il trasferimento di calore e umidità dall’oceano all’atmosfera e questo fa aumentare le nevicate sulla Siberia nei mesi autunnali. La neve isola il terreno dall’estremo freddo invernale, facendo alzare le temperature del suolo e destabilizzando il permafrost. Di conseguenza nelle regioni con maggiore copertura nevosa il permafrost è più a rischio.