Si chiama Piazza Pulita, nomen omen per l’assenza di formazione nell’approcciare il più chiacchierato servizio giornalistico sul tema delle auto elettriche, realizzato probabilmente disattendendo la regola di base di questa professione: studiare e conoscere l’argomento di cui si sta parlando.
É così che LA7 va in onda col report di un viaggio con un’auto elettrica: una Renault Zoe che tanti clienti reali utilizzano per muoversi anche su distanze medio-lunghe. Risultato? 52 ore per percorrere 710 chilometri.
Proviamo a vedere quanto ci vorrebbe, in bicicletta e senza fermarsi: 38 ore. Possibile che a nessuno degli autori possa essere saltato in mente che questo confronto poteva già essere un campanello d’allarme?
Abbiamo sbagliato qualcosa nell’approcciare questo viaggio? La domanda non è balenata minimamente nella mente di chi ha seguito il servizio.
NON CONOSCERE LA TECNOLOGIA
Renault Zoe è un’auto che ricarica in corrente continua con la presa CCS Combo2 (qui una guida che gli autori avrebbero dovuto leggere). Certo, non è la più veloce a ricaricare in DC e deve, in quanto auto cittadina, scontare il limite dei 50 kW teorici come punta massima.
Indipendentemente dalla generazione e dall’allestimento di Zoe che vogliamo prendere in esame, non le è mai stata preclusa la possibilità di ricaricare alle colonnine in corrente alternata da 22 kW.
A prescindere dalla palese ignoranza sulla tecnologia di ricarica, l’altro tema su cui non è stato fatto un minimo di studio è quello relativo alle applicazioni per la ricarica… e qui bisogna aprire un capitolo a parte per rispondere a chi sta già affilando la tastiera per scrivere che:
VOLEVANO METTERSI NEI PANNI DELL’UTENTE COMUNE
Eh già, LA7 potrebbe aver voluto impostare il servizio per dimostrare che, oggi, non esiste ancora una cultura dell’auto elettrica, che siamo ancora in fase embrionale (in parte assolutamente vero) e che c’è poca formazione sia da parte di chi vende l’auto, sia da parte del cliente finale.
Peccato che questo ostacolo, la scarsa conoscenza della nuova tecnologia, sia molto simile a quello che hanno dovuto affrontare i pionieri di Internet, quelli che non avevano a disposizione un’infrastruttura di rete ISDN e che dovevano accontentarsi di uno striminzito 56K. Gli stessi che poi hanno goduto, quando i tempi sono diventati maturi, dei primi upgrade all’ADSL e oggi hanno la fibra.
A prescindere da queste considerazioni, il viaggio di LA7 ha portato a questo risultato perché partito da premesse sbagliate, dall’assenza di conoscenze minime a cui chiunque ha accesso e che sono a portata di una ricerca su Google o su YouTube. Se, ieri, i pionieri di Internet dovevano improvvisarsi e risolvere il problema sbattendoci la testa, oggi i pionieri dell’auto elettrica hanno una vita facilissima nel reperire le informazioni.
IL CASO PEGGIORE
Proseguiamo nel cercare di fare gli avvocati del diavolo, senza estremismi da “fanboy elettrici” e lasciando parlare i dati. La Zoe del video è un modello con batteria da 52 kWh se ci basiamo su quanto visto nel video.
Potrebbe, però, essere possibile acquistare o noleggiare una versione precedente senza la presa CCS Combo 2 per la ricarica rapida. In ogni caso, una cosa è certa: ha un caricatore da 22 kW di serie che può ricaricare molto più velocemente di quanto emerge dal video.
Proviamo comunque a ipotizzare la situazione peggiore: di seguito la simulazione senza ricaricare in corrente continua e usando solo la corrente alternata tramite colonnine da 22 kW in trifase (ricordiamo: la tipologia più diffusa in Italia).
Aggiungiamo una notte nel mezzo, 10 ore di fermo auto senza ricaricare: siamo comunque ben lontani dalla situazione descritta nel video, dove sembra che gli autori abbiano puntato sulle colonnine meno rapide, meno accessibili e meno pratiche da utilizzare.
Considerato poi l’approccio a tappe, forse voluto, forse forzato dalla cattiva scelta di colonnine, si evidenzia anche un altro errore di LA7, quello di non sforzarsi minimamente per sfruttare la ricarica notturna. Sarebbe bastata anche una ricarica lentissima con la presa Schuko per cambiare completamente volto al viaggio, presa che non è difficile recuperare da un hotel con un parcheggio o da un affittacamere.
10 ore di ricarica a 1,8 kW significa immagazzinare 18 kWh (trascuriamo la dispersione): circa il 34% della batteria. Almeno 100 km di autonomia. Senza accessori extra e con il caricatore casalingo base che si attacca a qualsiasi presa domestica
Ricaricare in una struttura ricettiva non è scontato ma neanche difficile: in occasione del matrimonio di un collega, quest’estate, la casa scelta per far soggiornare la redazione di Milano in trasferta non è stata prenotata con l’intenzione di ricaricare un’auto elettrica. E non l’ho scelta personalmente. Eppure, una volta sul posto, il proprietario si è speso volentieri nel cercare una presa che potessi utilizzare per un rabbocco notturno.
Curiosa, poi, la scelta di fermarsi a Mondragone. Poteva essere una tappa obbligata per esigenze di lavoro o personali, ma guardando la mappa è palese che si tratti di un buco nero per la mobilità elettrica, circondato da città molto più ricche di colonnine. Era davvero necessario fermarsi lì per la notte?
STACCO IL CELLULARE PER RISPARMIARE BATTERIA
L’altro segno di ingenuità riguarda la frase che è ben udibile nel video e a cui, in fase di montaggio, è stata data una certa rilevanza:
così, per risparmiare energia, stacco il cellulare dalla ricarica
Ipotizziamo ora, per assurdo, che sia la batteria di trazione a fornire l’energia per ricaricare il cellulare, non quella da 12 V dei servizi. Uno smartphone consuma centesimi o millesimi di kWh, ordini di grandezza irrisori rispetto a quelli del climatizzatore di bordo che, quando deve lavorare tanto, assorbe 1 kW. Significa che con un’auto elettrica da 52 kWh si può stare fermi con il climatizzatore acceso per almeno 50 ore.
staccare il cellulare su un’auto elettrica equivale a non ricaricarlo su un’auto a benzina pensando che, così facendo, spenderemmo meno al prossimo pieno
Scorrendo i minuti del servizio di LA7, poi, ci si addentra sempre di più in quello che sembra essere il teatro dell’assurdo: quale automobilista elettrico si sognerebbe di partire per un lungo viaggio con il 65% di carica con una Zoe? Capisco chi ha un’auto dotata di ricarica rapida come Tesla, IONIQ, e-Tron GT e via dicendo, ma è impossibile che chi deve affrontare un viaggio di 700 chilometri non lo abbia programmato minimamente, vuoi per le vacanze, vuoi per lavoro.
NO APP, NO PARTY?
Questo gatto ha più esperienza di auto elettriche di molti che scrivono e parlano di auto elettriche…lui almeno ci ha viaggiato sopra
Chi guida elettrico oggi ha familiarità con le applicazioni di ricarica. Sono almeno due gli strumenti in mano al conducente elettrico: l’app del fornitore di ricarica più diffuso nella propria zona, come Enel X o BeCharge per le ricariche quotidiane, e una seconda applicazione generica come Nextcharge o evway.
Gli imprevisti possono capitare, e non sempre l’aggiornamento è immediato, ma le app citate hanno sempre l’indicazione sugli orari di accesso alla colonnina, specificando se si trova in una proprietà privata e se si tratta di una stazione accessibile 24/7.
A corredo, poi, la community ha popolato queste applicazioni con foto e feedback che rappresentano un’ulteriore indicazione per fornire un riscontro rapido sulla situazione della colonnina, evidenziandone eventualmente i problemi. Un esempio?
App come Nextcharge hanno accordi con i principali fornitori di ricarica, risolvendo così il “problema” dell’installazione e configurazione di più applicazioni dedicate, pratica che l’utente elettrico più attento al risparmio applica esattamente come chi ha uno smartphone con due SIM ha fatto per risparmiare sui pacchetti dati o sulle chiamate nel corso degli anni.
Quasi tutti i produttori di auto elettriche, poi, offrono oggi una tessera con un account unico che risolve il problema dell’assenza di connessione sul cellulare. Da un lato è vero che i navigatori di molte auto sono imprecisi con le colonnine e non aiutano affatto il conducente nella pianificazione.
Dall’altro basta davvero un minimo di studio per capire come sopperire a questa mancanza. E lo studio è stato necessario con ogni nuova tecnologia: quando sono arrivati i primi computer, quando si è passati dai cellulari agli smartphone con le app, quando si è passati dalla videocamera a cassetta a quella su supporto digitale…
NON SO QUANTO DEVO ATTENDERE
Con un montaggio serrato e accattivante, la protagonista di questo epico viaggio aggiunge un’altra perla alla collana che sembra diventata il rosario di un flagellante. Chiamiamo in aiuto Khaby Lame per risponderle:
Il computer di bordo delle auto elettriche, quando si avvia correttamente la ricarica, mostra sul display una stima del tempo d’attesa. Non sarà precisa al secondo perché le colonnine potrebbero variare la potenza erogata per tutta una serie di motivi, ma può essere un primo riferimento che fornisce comunque una stima realistica.
In assenza di indicazioni, il calcolo dei tempi di ricarica è frutto di una semplice operazione per la quale basta imparare un’altrettanto semplice formula.
PARLA, LA GENTE PURTROPPO…
Possiamo guardare gli itinerari simulati nelle immagini di questo articolo e possiamo essere tutti d’accordo che fare Roma-Reggio Calabria – con un’utilitaria elettrica e allo stato attuale della rete – sia più lungo rispetto ad una qualsiasi auto termica. Saremmo tutti obbiettivi nel dirlo.
Possiamo fare Roma-Reggio Calabria in meno tempo con una diversa auto elettrica? Certo, basta prenderne una fatta per viaggiare. E lo dimostro con numeri talmente ineluttabili che farebbero apparire Thanos come un principiante:
Il percorso di cui sopra, con una Model 3, non è esattamente lo stesso di Piazza Pulita, ma è perfettamente paragonabile. Perdonatemi se non lo ritaglio esattamente a 710 km: rende l’idea e ho già perso troppo tempo a smentire chi va in televisione, con un pubblico enorme e meno smaliziato di quello del web, senza neanche fare un minimo sforzo.
Guardate i numeri: 8 ore per una distanza simile a quella di Piazza Pulita, solo in autostrada e con una velocità media che… lasciamo perdere. La chiudo qui, di punto in bianco. Facciamo piazza pulita e andiamo avanti criticando quando serve, denunciando quello che non va. E non costruendo ad hoc una tesi non sostenibile.
L’auto elettrica oggi non è per tutti. Vero, ma anche parlare di auto elettriche, oggi, non è per tutti.