Anche se i veicoli elettrici hanno dimostrato la loro validità rispetto a quelli a benzina e diesel, raggiungendo un buon grado di maturità, i produttori stanno tuttavia cercando modi per migliorare le celle affinché siano più efficienti, più durevoli, meno costose da produrre e, soprattutto, meno inquinanti al momento della loro costruzione, promettendo allo stesso tempo maggiore autonomia. Oltre alle batterie agli ioni di litio, nel mercato dei veicoli elettrici si sta silenziosamente affermando un nuovo tipo di pacco batteria contenente la chimica LFP, l’acronimo sta per batteria litio ferro fosfato ed è noto anche con il termine chimico: LiFePO4.
CELLE LFP, COME SONO FATTE?
L’elettrodo positivo (catodo) è costituito da litio ferro fosfato (LiFePO4) la cui struttura cristallina consente l’inserimento e la disinserzione del litio. Durante la carica, il litio migra dall’elettrodo positivo all’elettrodo negativo di grafite. Durante la scarica si verifica il fenomeno opposto. La composizione di litio diminuisce quindi durante la carica e porta alla formazione di FePO4 che ha la stessa struttura cristallina di LiFePO4.
Dunque durante una carica o scarica ogni cristallo passa da una fase ricca di Litio, LiFePO4, a una fase povera di Litio, FePO4. La cella ha un’ottima resistenza ai cicli perché le sollecitazioni meccaniche generate all’interno dell’elettrodo positivo rimangono basse.
BATTERIE LFP, NON SONO STATE LA PRIMA SCELTA
Le batterie al litio ferro fosfato sono emerse dopo le batterie NMC e NCA, le celle con chimica LiFePO4 avevano una conduttività elettrica molto scarsa. All’inizio della commercializzazione delle auto elettriche con batterie agli ioni di litio, le case automobilistiche puntavano alle migliori prestazioni e ad una grande densità energetica. Per questo motivo sono state le batterie con chimica LiNiMnCoO2 e LiNiCoAlO2 a conquistare il settore.
Michel Armand, scienziato e professore francese (ex dipendente della Hydro-Québec), con l’aiuto dei suoi colleghi, si rese conto che aggiungendo nanotubi di carbonio alle particelle di LiFePO e riducendone le dimensioni, si sarebbe potuto superare il problema problemi di conduttività. Allo sviluppo delle batterie LFP hanno lavorato anche altri ricercatori, come Yet-Ming Chiang, un ingegnere chimico di origine taiwanese che contribuì ad aumentare la conduttività di una batteria LFP.
BATTERIE LFP VS BATTERIE NMC: COME FUNZIONANO?
La grande differenza tra una batteria LFP e una normale batteria agli ioni di litio (NCM/nichel-cobalto manganese o NCA/nichel-cobalto alluminio) risiede principalmente nella composizione chimica del catodo. Invece di utilizzare metalli come cobalto, nichel o manganese, si da la priorità al ferro.
È importante quindi chiarire che una batteria LiFePO4. contiene anche ioni di litio all’interno di un elettrolita. Infatti, a parte la composizione chimica del catodo, la batteria LFP funziona esattamente come una batteria agli ioni di litio. Fisicamente è quasi identica.
QUALI SONO LE DIFFERENZE DURANTE LA RICARICA?
Oltre alla densità energetica e al costo di produzione, ci sono differenze nel comportamento di carica tra i prodotti chimici agli ioni di litio. Gli elettroliti nelle batterie agli ioni di litio sono stabili fino a circa 4,2 volt. Con una batteria NMC la fine della carica è di circa 4,2 Volt, il che può causare l’ossidazione dell’elettrolita e quindi un invecchiamento più rapido della batteria.
Le batterie NCA e NMC sono sensibili al degrado a lungo termine dovuto a frequenti ricariche ad alta tensione e calore elevato. Si consiglia di evitare di mantenere un livello di carica compreso tra il 20 e l’80% utilizzando maggiormente le colonnine aperte al pubblico in Modo 3 e la wallbox casalinga, piuttosto che le Ultra Fast. Ad ogni modo, con un corretto sistema di gestione termica, le NMC disponibili oggi hanno dimostrato di reggere tranquillamente anche ad un uso intenso, senza mostrare evidenti segni di degrado nel tempo.
Inoltre va considerato che il consiglio di tenerle nel range 20-80% vale solo in determinate situazioni: se si pianifica di tenere ferma a lungo l’auto, allora è meglio che la carica della batteria sia contenuta in questa forbice. Non ci sono controindicazioni, invece, nel ricaricare al 100% l’auto il giorno o la sera prima della partenza per un lungo viaggio, perché la batteria starà in questo stato di carico per poco tempo.
Per le batterie LFP il discorso cambia, perché la tensione massima della cella è di circa 3,7 volt, quindi non c’è alcuna preoccupazione per la stabilità dell’elettrolita e la batteria può essere ricaricata costantemente al 100% senza che essa presenti segni di affaticamento un degrado prematuro, vale a dire una perdita di autonomia o un rallentamento della velocità di ricarica.
C’è anche da considerare il fatto che una batteria LFP è più resistente a diversi cicli di ricarica. Ad esempio, mentre le batterie agli ioni di litio più durature offrono fino a 1.500-2.000 cicli di ricarica, la batteria LFP può arrivare ben oltre i 3.000 cicli.
MINORE RISCHIO INCENDIO
Gli incendi che implicano auto elettriche e che partono dai pacchi batteria sono estremamente rari e solitamente dovuti a condizioni di calore estreme, innescati da ciò che viene chiamato fuga termica e che si verifica quando la temperatura del pacco supera un certo limite.
Per evitare il sopraggiungere di tali circostanze, le auto elettriche odierne monitorano costantemente lo stato delle batterie tramite BMS (battery management system) e attivano, alla bisogna, il circuito di raffreddamento e climatizzazione che regola la temperature delle celle.
La temperatura di fuga termica
- 270°C per le batterie LFP
- 210°C per le batterie NMC
- 150°C per le batterie NCA
La tecnologia delle chimiche dell’NMC e NCA fa sì che si surriscaldino maggiormente durante l’uso e la ricarica, richiedendo maggiori misure di dissipazione del calore. Infatti si usano delle piastre di ceramica per separare le celle tra di loro per il controllo del calore.
Il legame fosfoanidridico (Fe-PO) nelle composizioni LFP è più forte del legame Co-O nelle batterie a base di cobalto quindi, se maltrattate (cortocircuitato, surriscaldamento, ecc.), gli atomi di ossigeno sono molto più difficili da rimuovere. Ciò significa che, sotto stress, una batteria LFP ha maggiori probabilità di resistere a rapidi aumenti di temperatura che possono provocare danni permanenti alla batteria o, in casi remoti, provocare un incendio.
LFP, UN PASSO AVANTI VERSO UN MONDO PIÙ GREEN
La composizione chimica delle LFP aiuta a ridurre la dipendenza da materiali controversi come il cobalto e il nichel. Non solo, il ferro è più facile da estrarre e, quindi, meno inquinante una volta estratto, ma è anche più facile da riciclare, consentendo alle batterie di entrare facilmente nei processi di riciclaggio esistenti. Poiché evitano cobalto e nichel, le batterie LFP possono produrre, in media, emissioni di carbonio inferiori del 15-25% rispetto alle NMC. Bisogna anche tenere in considerazione il prezzo di questo metallo che è decisamente più basso e permette di ridurre i costi di produzione dal 30% al 40% a seconda della potenza del pacco batteria, rispetto alla tecnologia NMC.
Le celle della batteria NCA arrivano a circa 120,30 dollari/kWh, NMC a circa 112,70 dollari/kWh e LFP a partire da 98,50 dollari/kWh (tali dati possono variare e sono indicativi al momento della stesura di questo articolo).
In un momento in cui i produttori si rivolgono alle auto elettriche entry-level, l’idea di ridurre i prezzi sta diventando sempre più importante. La questione non è più quella di offrire più di 80 o più kWh di batteria, ma piuttosto qualcosa intorno ai 40/50 kWh, che non costerebbe troppo. Tesla, Volkswagen, Citroën, Renault, Dacia e molte altre Case automobilistiche ci stanno provando, e i volumi non possono che essere maggiori in questo tipo di segmento.
LA BATTERIA LFP OFFRE UNA MAGGIORE AUTONOMIA RISPETTO ALLE NMC?
La densità energetica di una batteria LFP, cioè la sua capacità di immagazzinare energia per un periodo più lungo a seconda delle sue dimensioni (misurata in wattora/chilo), è notevolmente inferiore a quella delle batterie a base di nichel agli ioni di litio. Per riferimento, le migliori batterie agli ioni di litio raggiungono una densità energetica di 325 wattora/chilo. Il rovescio della medaglia è legato alla densità energetica attualmente la batteria LFP, attualmente raggiunge il picco massimo di circa 180 wattora/chilo. Questa realtà costringe a produrre batterie con una capacità maggiore per raggiungere la stessa autonomia.
La Tesla Model 3 è l’esempio perfetto. Il vecchio modello aveva una batteria agli ioni di litio con una capacità di 53 kilowattora, mentre il modello attuale, dotato di batteria LFP, ha visto la sua capacità aumentare a 60 kilowattora (il pacco batteria della versione Long Range monta celle NCA per un totale di 79 kWh). Infine, a causa della sua composizione a base di ferro, la batteria LFP è significativamente più pesante di una batteria agli ioni di litio a base di nichel, il che contribuisce ad aumentare la massa netta del veicolo. Bisogna anche sottolineare che i recenti progressi nell’aerodinamica dei veicoli elettrici e nei software di gestione dell’energia, grazie in particolare all’aiuto dell’intelligenza artificiale, consentono ai produttori di superare parte dei problemi elencati.
LE BATTERIE LFP POSSONO ESSERE RICARICATE QUANDO FA FREDDO?
Sì, le batterie LFP possono certamente caricarsi in condizioni di freddo, ma la ricarica potrebbe essere più lenta se si scende notevolmente sotto gli 0°C perché l’auto ha bisogno di più tempo per riscaldare la batteria. Sebbene su certi modelli e marchi, il precondizionamento risolva questi problemi, i conducenti che non riescono sempre ad anticipare i loro viaggi quando fa freddo potrebbero soffrirne, ma francamente si tratta di condizioni meteorologiche abbastanza rare in Italia.
Di recente il direttore degli acquisti e delle forniture di Stellantis, Maxime Picat, ha riconosciuto l’interesse del gruppo automobilistico leader a livello mondiale per le batterie LFP.
“È oggi la migliore tecnologia che si possa trovare sul mercato in questo compromesso tra autonomia e costo”, ha dichiarato in novembre a Les Echos. Detto questo, Stellantis rimane un gruppo molto impegnato nei confronti della sua fabbrica di batterie NMC, con la quale conferma di avere un “portafoglio ordini completo per il periodo 2024-2028”.
LMFP, UNA CHIMICA MIGLIORATA
Da diversi anni è commercializzata anche una variante della chimica LFP denominata: LMFP (litio-manganese-ferro-fosfato). Il ferro è sostituito con il manganese, che aumenta la tensione della cella, il suo potenziale e la densità di energia dal 10 al 20% rispetto alla batteria LFP.
La densità non raggiunge quella delle batterie NMC, ma si avvicina ad essa pur non utilizzando né nichel né cobalto, riducendo quindi notevolmente i costi di produzione. LMFP è una chimica intermedia della batteria agli ioni di litio tra LFP e NMC.