Oggi il termometro esiste in svariati modelli, analogici e digitali, il più celebre dei quali – vera icona dell’immaginario medico – è costituito da un tubicino di vetro segnato da una scala graduata e dotato a un’estremità di un bulbo argenteo contenente una sostanza liquida “sensibile” che, scaldandosi, aumenta di volume fino a corrispondere – sulla scala – alla temperatura corporea di chi l’ha utilizzato. Un tempo si usava il mercurio, ma la tossicità di questo metallo ha fatto sì che, dal 2009, si sia passati a una miscela detta galinstano.
Prototipi ad aria. A ideare il moderno termometro clinico, tascabile e pratico da usare, fu nel 1866 il fisico e medico inglese sir Thomas Clifford Allbutt. Ma modelli analoghi, seppure più ingombranti, erano già stati messi a punto nel Settecento, soprattutto per merito del fisico e ingegnere tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit (negli Stati Uniti le temperature si misurano ancora con la sua scala). Dopodiché si sono registrate molteplici evoluzioni, anche fuori dall’ambito medico, fino a giungere agli odierni termometri a infrarossi. Quanto alla prima origine degli strumenti per la misurazione della temperatura, risale a tempi antichissimi.
ll primo antenato dei termometri vide la luce nel III secolo a.C., grazie allo scienziato greco Filonedi Bisanzio. L’apparecchio in questione, detto termoscopio, sfruttava le variazioni della densità dell’aria indotte dai cambiamenti di temperatura (studiate anche da altri scienziati antichi) e fu riproposto in epoca moderna dal fisico e astronomo italiano Galileo Galilei (1564-1642).
L’antenato dei termometri. Il prototipo galileiano era costituito da un’ampolla dotata di una lunga cannula che, dopo essere stata scaldata tra le mani, andava immersa a testa in giù in un recipiente colmo d’acqua. Togliendo le mani dall’ampolla, e privandola così del calore da loro prodotto, l’aria all’interno tendeva a comprimersi, consentendo all’acqua di salire lungo la cannula; il liquido scendeva invece rapidamente allorché il contenitore veniva riscaldato, a causa dell’espansione dell’aria. In pratica, il variare del livello dell’acqua segnalava il mutare della temperatura esterna, senza però determinarla numericamente.
A ciò rimediò il medico Santorio Santorio (1561-1636), un altro italiano: inserendo una scala graduata su un congegno analogo – basato sulle proprietà “espansive” dell’aria – mise a punto l’antenato dei termometri odierni. Cominciò a usarlo per fini clinici, per misurare la temperatura dei suoi pazienti (facendo tenere la sfera in mano o in bocca), ma lo strumento, non sigillato, era sensibile alla pressione atmosferica ed era scomodo da trasportare.
La svolta settecentesca. Un nuovo termometro fu ideato da un gruppo di studiosi dell’Accademia del cimento, associazione scientifica nata a Firenze nel 1657 e ispirata ai lavori di Galileo. Lo strumento, detto termometro galileiano, consisteva in un cilindro di vetro pieno di alcol, con all’interno varie ampolline, ognuna contenente un liquido di colore diverso e provvista di targhetta con indicata una temperatura (connessa al volume dell’ampolla e alla densità del liquido).
Al variare della temperatura esterna mutavano il volume e la densità dell’alcol, e in relazione a ciò variava la posizione delle ampolline: alcune salivano, altre scendevano. Attraverso una serie di calcoli, si stabilì come la temperatura esterna fosse quella riportata nella targhetta dell’ampolla più in basso tra quelle salite verso l’alto. Ma per quanto ingegnoso, anche questo antenato del termometro aveva grandi limiti in termini di praticità d’utilizzo.
Prima alcol e poi mercurio. La svolta decisiva arrivò nel 1709, grazie alle intuizioni del tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit, inventore dell’omonima scala di misura della temperatura proposta nel 1724 (risale invece al 1742 la scala con divisione centesimale in gradi Celsius, o centigradi, ideata dal fisico svedese Anders Celsius). Il termometro di Fahrenheit era un apparecchio “a liquido” consistente in un cilindro di vetro, stretto e lungo (fissato su un supporto), con un bulbo ripieno di alcol (sostituito dal mercurio nel 1714) il cui volume aumentava o diminuiva al variare della temperatura, indicata da apposite tacche graduate.
A rendere questi oggetti sempre più pratici e facilmente utilizzabili in ambito medico ci pensò Thomas Clifford Allbutt (1836-1925), che nella seconda metà dell’Ottocento spopolò con i termometri tascabili, simili a quelli odierni (lunghi circa 15 cm, mentre i vecchi modelli sfioravano il mezzo metro!) e in grado di leggere la temperatura in pochi minuti (i predecessori impiegavano anche mezz’ora).
dal Digitale al termoscanner. Il termometro basato sulla dilatazione dei liquidi rimase in auge per tutto il XX secolo e oltre, affiancato nel corso del tempo da strumenti sempre più precisi basati sulle proprietà dilatative di metalli e gas. Dagli anni Ottanta ha peraltro dovuto affrontate la concorrenza dei modelli digitali, dotati di sensori elettronici che subiscono variazioni di resistenza al mutare della temperatura, commutando tutto in cifre su appositi display.
In parallelo, hanno visto la luce i primi termometri a infrarossi, il cui uso è diventato quotidiano con il coronavirus SARS-CoV-2. Simili a pistole giocattolo, questi strumenti si basano sulla rilevazione delle radiazioni infrarosse emesse da un corpo caldo. Anche in questo caso, la temperatura è visualizzata su un display. Vengono invece rimbalzate su monitor a colori le immagini registrate dalle termocamere, o termoscanner, in cui, accanto al volto della persona inquadrata, appare la sua temperatura corporea.
Diffusi soprattutto negli aeroporti, anche i termoscanner si basano sui raggi infrarossi. Sono infine allo studio lenti speciali da aggiungere alle ottiche dei nostri smartphone per renderli capaci di misurare la febbre, mentre sono già disponibili app che promettono di fare altrettanto monitorando e analizzando il battito cardiaco.