Una circolazione più precoce del previsto, a partire dal periodo compreso fra metà ottobre e metà novembre e quindi alcune settimane prima quindi rispetto ai primi casi di polmonite identificati, e una vera e propria spinta nell’accelerazione della diffusione avvenuta in dicembre: è quanto emerge dall’analisi del patrimonio genetico del nuovo coronavirus in via di pubblicazione sul Journal of Medical Virology e accessibile sul sito MedRxiv.
La ricerca è stata condotta nel dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Ospedale Sacco di Milano e nel Centro di ricerca di Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni (Episomi), che fa capo alla stessa Università Statale di Milano. Si deve ad Alessia Lai, Annalisa Bergna, Carla Acciarri, Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender.
La ricerca si è basata sull’analisi di 52 genomi completi del coronavirus SARS-Cov-2 depositati nelle banche internazionali di dati genetici al 30 gennaio 2020 e ha consentito di stabilire il periodo in cui il virus ha cominciato a circolare e di ricostruire la diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina.
In questo lavoro sono stati fondamentali parametri epidemiologici fondamentali, come il numero riproduttivo di base (indicato con R0) che indica il numero di nuovi casi che possono essere generati da un individuo con l’infezione, e il tempo di raddoppiamento delle infezioni.
E’ emerso così che da un numero riproduttivo molto contenuto, inferiore a 1, in dicembre il virus è infatti passato a 2.6: un dato, questo, che secondo i ricercatori permette di ipotizzare la rapida acquisizione di una maggior efficienza di trasmissione del virus. Le cause di questa trasformazione non sono chiare al momento: potrebbe essere dovuta a cambiamenti che hanno permesso al virus di trasmettersi in modo più efficiente da uomo a uomo, oppure alle caratteristiche della popolazione prevalentemente colpita.
Dall’analisi è emerso inoltre che il tempo di raddoppiamento dell’epidemia è stimato, a partire da dicembre, in circa quattro giorni e quindi inferiore a quello calcolato sulla base del numero dei casi notificati nello stesso periodo, che risultava pari a circa una settimana.
L’ipotesi dei ricercatori è che la trasmissione del virus dall’animale che lo ospita all’uomo e le prime trasmissioni da uomo a uomo abbiano avuto all’inizio un’efficienza limitata, per diventare più rapide ed efficienza in dicembre. “E’ verosimile – rilevano i ricercatori – che tale rapidità di crescita dei casi si sia successivamente ridotta in seguito alle misure restrittive adottate in Cina”.
Ulteriori studi su genomi isolati in un periodo più recente potranno confermare l’utilità di queste tecniche anche nel valutare gli effetti delle misure di prevenzione adottate.