(ANSA) – ROMA, 07 DIC – Il Covid sta cambiando la vita della
Chiesa e anche i sacramenti. Ci sono infatti degli atti da fare
in presenza, come la Confessione, impossibili per chi è isolato
o in quarantena. Il Vaticano traccia allora un vademecum di
quello che si può fare o non fare. E se dunque, in condizioni
gravi, con pazienti sul punto di morte, possono essere date
delle “assoluzioni collettive” all’ingresso dei reparti
ospedalieri, invece non può essere considerata valida la
confessione fatta con un sacerdote via smartphone.
“Possiamo affermare – spiega il cardinale Penitenziere
Maggiore, Mauro Piacenza, riferendosi ai telefonini – la
probabile invalidità della assoluzione impartita attraverso tali
mezzi. Manca infatti la presenza reale del penitente e non si
verifica reale trasmissione delle parole della assoluzione; si
tratta soltanto di vibrazioni elettriche che riproducono la
parola umana”.
La Chiesa però si fa carico di chi vorrebbe confessarsi e non
può materialmente farlo. “Spetta al vescovo diocesano – spiega
il card. Piacenza all’Osservatore Romano – determinare, nel
territorio della propria circoscrizione ecclesiastica e
relativamente al livello di contagio pandemico, i casi di grave
necessità nei quali sia lecito impartire l’assoluzione
collettiva: ad esempio all’ingresso dei reparti ospedalieri,
dove si trovino ricoverati i fedeli contagiati in pericolo di
morte, adoperando nei limiti del possibile e con le opportune
precauzioni i mezzi di amplificazione della voce, perché
l’assoluzione sia udita”.
Piacenza chiarisce anche che la Messa vista in tv non
sostituisce quella vissuta tra i banchi di una chiesa: “Nulla
può surrogare la partecipazione alla santa messa in presenza.
Nelle situazioni in cui non sia possibile recarsi alla santa
Messa festiva viene meno l’obbligo senza che si debba sostituire
con altro la mancata partecipazione. Certamente se chi è
impedito per valido motivo assiste alla celebrazione attraverso
la televisione compie un atto pio e spiritualmente utile”.
(ANSA).