Le auto elettriche, oggi, si scontrano con una percezione fortemente polarizzata. La fascia grigia è piccola e stretta fra un bianco accennato e un nero predominante: bianco è chi già oggi è pronto per passare alle auto a batterie, nero è chi le esclude categoricamente… finché la tecnologia non cambierà.
È innegabile che, “vorrei ma non posso” a parte, esiste ancora una forte resistenza e lo testimoniano i dati di mercato, in crescita esponenziale ma con quote ancora a singola cifra. Non giova, poi, la questione dei prezzi e il generico aumento che ha colpito tutte le auto moderne per diversi motivi: un segmento B di oggi è più grande di un segmento B di ieri, la tecnologia per la sicurezza attiva è di serie ed è cresciuta tantissimo. In misura minore, ci si sono poi messe di mezzo anche la pandemia e la crisi dei semiconduttori.
In questo scenario, acquistare un’auto è più difficile, figuriamoci scegliere un’elettrica di fronte ai dubbi su colonnine, ricarica, rete elettrica casalinga da aggiornare e via dicendo.
VIAGGIARE, SI PUÒ
Considerando che chi vi scrive viaggia per lavoro e non ha altra auto se non quella a batteria, la risposta personale è chiaramente affermativa. Con una Tesla Model 3 ho percorso 1.500 km in un’unica tirata da Milano alla Sicilia, e non è stato difficile. Forse più lungo del solito, ma per nulla impossibile.
Ho quindi atteso prima di pubblicarvi questo racconto di viaggio per avere il quadro completo della situazione e poter fare un confronto fra una Tesla con la sua rete e tutti gli altri con reti gestite in roaming e da diversi proprietari.
In tutti i casi, comunque, partire da casa carichi è un vantaggio, ma anche una comodità per risparmiare visto che le colonnine rapide costano 50 centesimi al kWh se non si utilizzano forme di abbonamento mensile (Duferco ad esempio) o convenzioni come IONITY a circa 0,30 € / kWh, offerte da alcuni produttori per il primo anno dopo l’acquisto. E anche Tesla non scherza: è recente l’aumento 0,41€ al kWh per i suoi Supercharger.
Il viaggio proposto dalla prima edizione di eRaid aveva delle regole: trovate tutto nei due articoli precedenti ma ve le riassumo per semplicità. Più di 1.000 chilometri elettrici da percorrere, l’obbligo di arrivare a destinazione ogni giorno con almeno il 40% della batteria e l’impossibilità di ricaricare la sera a casa o in albergo. Non certo le condizioni in cui vivo la mia vita con la Model 3 o con le altre auto elettriche provate. La sera, a casa, la collego sempre alla spina e, quando vado in albergo, ne scelgo uno che mi dia a disposizione almeno una Schuko. E finora ho sempre trovato una presa o una colonnina, anche quando l’albergo mi è stato imposto e non ho avuto possibilità di scelta.
eRaid non mi è servito per rispondere alla domanda a livello personale, ma per scontrarmi con tutti gli altri colleghi e osservare l’homo termicus alle prese con difficoltà che la sua mente non aveva ancora digerito, non per un limite di intelletto ma per semplice abitudine. E, per molti, non è stato facile…
LE AUTO UTILIZZATE
Il parco auto a disposizione rappresentava abbastanza bene la totalità di quelle disponibili, sebbene mancasse la quota dei tedeschi del gruppo VAG e Mercedes. Ogni giorno veniva assegnata in maniera casuale una diversa vettura, da qui la regola dell’arrivo con il 40% di carica residua per non mettere in difficoltà chi avrebbe preso l’auto il giorno successivo. Nel mio caso, i modelli guidati sono stati:
Mustang Mach-e è stata quella che, merito della batteria importante, ha consentito di non ricaricare e arrivare a fine giornata con più del 40% grazie alla previsione di ABRP per il percorso impostato. Previsione rispettata con precisione quasi certosina in un viaggio senza limitazioni e con climatizzatore sempre attivo. Da notare che, tra i mezzi usati dai vari partecipanti (due persone per auto), solo un paio di equipaggi hanno deciso di affrontare l’impresa a climatizzatore spento.
Kona Electric e Kia e-Niro sono fondamentalmente la stessa auto, ed è un peccato aver guidato un “doppione” perché avrei preferito affrontare una giornata con uno dei mezzi meno adatti a viaggiare: Citroen e-C4, Opel Mokka-e o la versione ricarrozzata da DS. Se chi ha guidato la e-208 ha avuto vita più facile grazie ad un’aerodinamica migliore, i SUV/crossover francesi hanno costretto a più soste e ci sono stati anche problemi nell’avvio della ricarica, non per colpa dell’infrastruttura.
LE DIFFICOLTÀ DI UN VIAGGIO ELETTRICO
Durante i quattro giorni passati guidando, pianificando e cercando delle colonnine, ne ho viste di ogni. Alcuni non sono riusciti a ricaricare e i motivi sono diversi. Fra questi ci sono stati i disservizi della rete, problemi dell’auto (Citroen e-C4 è stata fra le peggiori insieme a Mokka elettrica) e anche una poca familiarità con le colonnine di ricarica.
C’è stato un caso in cui il conducente non sapeva che la Tipo 2 dell’auto si poteva “trasformare” in CCS Combo rimuovendo un semplice sportellino: per il “gioco delle formine”, il nostro malcapitato ha collegato il cavo della ricarica lente perdendo tempo prezioso al posto di utilizzare la corrente continua e la presa CCS. Ulteriore segno che bisogna ancora imparare a conoscere le auto elettriche.
E le applicazioni? Juice Pass deve ancora fare un passo in avanti per velocità di esecuzione sugli smartphone Android di fascia media, non tutti hanno il top di gamma. Confrontata con i problemi del software di Carge, però, è nettamente migliore.
A prescindere da questo aspetto tecnico, costretti a cercare colonnine lungo il percorso e a contendersele con gli altri partecipanti, alcuni dei nostri eroi hanno avuto difficoltà a navigare nell’app per un semplice motivo: pur con tutti i filtri a disposizione, la ricerca va fatta a mano e nell’era dei navigatori, forse, non siamo più abituati a sfogliare una mappa. Qui diventerà fondamentale integrare le app di ricarica con il software dell’auto o sviluppare una soluzione alla Tesla.
ABRP: PIANIFICARE FA LA DIFFERENZA
Una soluzione esiste, ed è uno degli strumenti che utilizzo ormai da tempo quando viaggio ma che proprio in occasione di eRaid ha dimostrato la sua utilità perché i tempi e le regole imposte dagli organizzatori hanno costretto a puntare di più sulla pianificazione.
Come abbiamo visto qui, su Tesla è (quasi) inutile visto che ad oggi l’elettrica americana è l’unica con un sistema di pianificazione viaggio integrato con la rete proprietaria. Su tutte le altre, è fondamentale pianificare per viaggiare se si ha un limite di tempo.
L’app consente di selezionare tantissimi filtri (operatore ad esempio, le regole ci vincolavano ad Enel X), impostare la carica della batteria che vogliamo all’arrivo (il famoso 40%) e creare il percorso suggerito per minimizzare i tempi. Bastano un paio di minuti per pianificare un tragitto e farsi guidare dallo smartphone; prendetevi invece cinque minuti se volete personalizzare la miriade di parametri ed essere più precisi: impostare il peso aggiuntivo a bordo impostare i consumi specifici della vostra auto elettrica, collegare direttamente ABRP all’auto e usare in tempo reale i parametri esatti, scegliere livelli minimi e massimi di ricarica, impostare la nostra velocità media e tanto altro ancora.
ABRP è stata l’app che mi ha semplificato la vita durante e-raid, precisa al punto che sapevo con quanta percentuale di carica sarei arrivato a destinazione così da potermi permettere il lusso di non ricaricare in alcune situazioni.
ERAID 2021: DIARIO DI BORDO
Il primo giorno è stato semplice, come già anticipato. Mach-e ha permesso di percorrere la tappa senza ricaricare e rispettando l’autonomia minima all’arrivo. Scambiata la Ford con la Hyundai, una Kona Electric, la mattina del secondo giorno ci siamo avviati verso la sede di Dallara.
Complice una partenza anticipata e un po’ di fortuna, ho potuto ricaricare alla colonnina installata nel parcheggio dell’azienda, dotata di due postazioni da 22 kW in corrente alternata.
Problema? La posizione non era delle più indovinate: ad angolo e poco pratica per due auto elettriche (dipende anche da dove avete il connettore). Vantaggio? Si è trattato di un esempio di come andrebbe utilizzata l’auto elettrica: io e un altro collega ci siamo potuti godere la visita guidata senza preoccupazioni mentre caricavamo “lenti” (a 11 kW) consci che, qualche ora dopo, avremmo trovato la batteria molto vicina al massimo della capacità (87% nel mio caso).
Visto il vincolo delle sole due prese, gli altri equipaggi che non hanno potuto sfruttarla e hanno “sprecato” quelle due/tre ore di fermo macchina. Questo li ha costretti a trovare una fast nei dintorni o fermarsi dopo la nostra ripartenza per un rabbocco.
Il percorso ci ha poi portati da Parma a Pistoia e, a differenza di altri colleghi, ogni ricarica con la rete di Enel X è andata liscia come l’olio. Sono fortunato io? Chissà: è vero che ci sono spesso problemi ma, come già scritto, forse serve un po’ più di formazione da parte sia degli addetti ai lavori, sia del pubblico. Sapere con cosa si ha a che fare rende molto più facile risolvere gli intoppi quando questi si presentano.
Da notare che la giornata due non avrebbe richiesto ricariche veloci: dopo la sosta da Dallara, l’altra ricarica è stata effettuata a San Polo d’Enza durante la pausa pranzo con i soliti 11 kW della colonnina trifase da 22 kW di Enel X (il limite di 11 kW era chiaramente dettato dall’auto e dal suo caricatore di bordo).
Il condizionale nella frase precedente è legato al fatto che i tempi si erano allungati troppo con la visita a Dallara e l’arrivo a Pistoia doveva essere anticipato per un semplice motivo: avevamo un orario da rispettare per entrare nella piazza con le auto e per incontrare le istituzioni locali. Taglio di percorso, autostrada (quindi consumi maggiori), piccolo conseguente rabbocco alla fast da 50 kW ed eccoci a Pistoia.
Il terzo giorno ha visto la tappa da Pistoia a Siena a bordo della Volvo XC40, un’auto che vorrò sicuramente provare con calma ma che non mi ha dato una buona prima impressione. Doppio motore, tantissima potenza (408 CV), accelerazione bruciante ma su un telaio essenzialmente nato termico e adattato per ospitare una batteria che si limita a 75 kWh. Stessa capacità di Model 3 ma su un’auto con l’aerodinamica peggiore e quasi 300 kg in più sul groppone.
Niente di innovativo o dedicato e l’impressione è quella che il bilanciamento generale non sia affatto perfetto: troppo potente e poco ottimizzata.
A colpi di ricariche fast, una a colazione e una a pranzo, talvolta in zone isolate e poco servite, si arriva così a Siena dove la cornice di Piazza del Campo accoglie pian piano le varie elettriche del tour.
Abbandonata una poco soddisfacente XC40 elettrica mi trovo all’alba del quarto giorno a viaggiare in solitaria per via di una defezione che ha reso dispari il numero dei partecipanti. Poco male, ho sempre ABRP per pianificare.
Inoltre, guidare un mezzo che conosco e che ha buona autonomia e consumi ridotti mi consente di affrontare l’impresa anche senza l’aiuto del copilota. Kia eNiro, complice anche un percorso dove è stato possibile rigenerare molto in discesa, ha fatto registrare 10,5 kWh / 100 km.
Dopo una suggestiva sosta a Pisa, con un permesso speciale per parcheggiare le auto all’ombra (si fa per dire) della Torre, il percorso termina a Pietrasanta per la chiusura del viaggio, tirando le somme con l’aiuto di Targa Telematics che ha raccolto i dati sull’utilizzo delle vetture durante tutto il tragitto.
IL ROADBOOK
Di seguito la quattro tappe secondo il programma originale, poi modificato in alcune parti perché i tempi di percorrenza (anche con batteria al 100%, a prescindere dalle soste per la ricarica) non sempre avrebbero consentito di arrivare in orario all’appuntamento con le piazze (Siena, Pisa) che i comuni avrebbero aperto in esclusiva alle auto del gruppo per un lasso di tempo ridotto.
I PROBLEMI DELLE ELETTRICHE IN VIAGGIO
Una criticità emersa dalla maratona elettrica è quella relativa alla prenotazione delle colonnine di ricarica rapida in viaggio. Oggi è possibile con JuicePass ma serve un abbonamento e funziona solo utilizzando l’applicazione, cosa che non abbiamo potuto fare perché dotati tutti di una tessera non legata al nostro account personale (per i pochi di noi che lo avevano, gli altri hanno usato l’app in modalità “guest”).
Una limitazione, questa, legata al nostro particolare caso e che per un utente proprietario di auto elettrica è facilmente risolvibile. Ad ogni modo, lo spunto che emerge è che bisognerà lavorare tantissimo nei prossimi anni per ottenere due obiettivi:
- integrazione perfetta del roaming e comunicazione istantanea tra singoli operatori
- valutare la possibilità di prenotazione multi-gestore tramite app
A prescindere dalle particolari condizioni del test, il problema evidenziato è stato quello di una flotta di auto elettriche impegnata nello stesso percorso, situazione che – in piccolo – può essere vista come la simulazione di un esodo estivo. Se è vero che le zone battute proponevano diverse alternative di ricarica rapida tramite le colonnine Enel X in corrente continua, è altrettanto vero che zone meno coperte hanno ancora bisogno di una capillarizzazione maggiore. E in ogni caso bisognava deviare dal percorso più diretto.
Diffusione delle auto elettriche e crescita dell’infrastruttura di ricarica dovranno procedere di pari passo, altrimenti si rischia (in periodi particolari) una lotta alla risorsa scarsa. Inoltre deve crescere anche la qualità della manutenzione della rete: trovare una colonnina fuori uso non è accettabile, anche quando la colpa non è dell’operatore ma dei vandali o di un utilizzo sbagliato.
Troppo spesso, infatti, capita che utenti poco preparati attivino il tasto rosso d’emergenza lasciandolo, ad esempio, nella posizione di blocco. Questo fa sparire la colonnina dalla mappa segnalandola come inagibile, quando la colpa è invece di chi la utilizza: serve educare maggiormente il pubblico di massa all’uso di queste tecnologie nuove.
Alcune situazioni non hanno visto soluzioni, altre hanno portato alla riattivazione della colonnina dopo una chiamata all’assistenza e un reset da remoto.
Altro grande tema è quello dei servizi nei dintorni delle colonnine di ricarica, lo ha detto anche Diess. Durante la prova di Mokka-e ho ricaricato in una zona industriale che, fortunatamente, aveva un bar con annesso centro commerciale a pochi passi di distanza, ma l’impressione è che sia necessaria maggior attenzione nell’installare le postazioni di ricarica veloce in prossimità di zone meno tristi e isolate.
La ricarica della XC40 in una Chianciano Terme deserta (tra covid e periodo fuori-stagione) non è stata piacevole: gli unici servizi erano quelli di uno dei pochi ristoranti aperti all’interno di una città (quasi) fantasma che dava poche scelte, anche in termini di prezzi.
CONCLUSIONI DOPO MILLE KM
Tirando le somme, l’esperienza di eRaid è stata formativa per i diversi motivi, a partire dalla possibilità di uscire da un mondo di tecnici per vedere come affrontavano la mobilità elettrica persone che ancora dovevano imparare a conoscerla. Non sulla carta, visto che di giornalisti si parlava, ma nella pratica quotidiana.
L’occasione è poi stata perfetta per fare qualche riflessione su come potrebbe evolversi il turismo con l’auto elettrica, più programmato ma anche in grado – paradossalmente – di farci superare l’idea di un punto fisso di villeggiatura per andare alla scoperta di posti diversi su più tappe (come i 4 giorni in cui abbiamo percorso il totale di 1.000 km) e, magari, tornare al piacere della strade alternative, meno battute ma sicuramente più panoramiche e molto più divertenti da guidare dell’autostrada. Non per tutti, chiaro, ma per tanti che vogliono provare un’esperienza diversa.
Le criticità sono molte e restano legate prevalentemente all’infrastruttura, sebbene alcune siano fortemente dipendenti dall’auto scelta. Le francesi di PSA, ad esempio, partono con una batteria troppo cittadina e non sono certo perfette: da escludere per lunghi viaggi a meno di programmare spesso la visita alla colonnina.
L’idea è che servano almeno 70/80 kWh per un’elettrica a tutto tondo ma, anche con una capacità simile, XC40 ha dimostrato che il numero grezzo non è tutto e che l’auto elettrica è un ecosistema dove tutte le sue parti devono convivere in armonia. Se la sbilanci solo per ottenere il numerone sulla scheda tecnica, il risultato è che la coperta diventa corta lato autonomia…