Sembra che Facebook voglia entrare sempre di più nella nostra intimità: dopo le classiche domande che visualizziamo appena aperta la nostra home (a cosa stai pensando?), ora arriva una nuova funzionalità che è destinata a far discutere, la “richiesta di preghiera”. Funziona così: un utente in un gruppo può richiedere agli altri membri di pregare per lui (per un lutto, una malattia o altri problemi che richiedano un aiuto dall’alto). Tramite il pulsante “Ho pregato”, che si aggiunge ai classici like e ai commenti, è possibile far sapere al diretto interessato che la sua richiesta è andata a buon fine.
Un ancora di salvezza durante la pandemia. La funzionalità, che ha iniziato ad essere testata negli Stati Uniti a dicembre 2020, divide il mondo religioso. Da un lato c’è chi la vede come una funzione utile e anche necessaria, in tempi di pandemia dove la vicinanza fisica è difficile; dall’altro c’è chi ritiene che nulla possa sostituire la preghiera in presenza, e che spersonalizzare un momento così intimo mettendo in piazza (vituale) le proprie faccende non sia la scelta migliore.
«È uno strumento eccezionale per diffondere il Vangelo di Cristo e connettere tra loro i credenti, in particolar modo durante la pandemia», afferma entusiasta Robert Jeffress, il reverendo di una chiesa battista di Dallas (USA). Secondo Adeel Zeb, cappellano musulmano, «i credenti dovrebbero supportare questa importante iniziativa», e anche Jacki King, ministro delle donne in una chiesa battista, vede questa nuova funzionalità come «un’opportunità per chi si è dovuto isolare durante la pandemia e lotta con problemi finanziari, di salute mentale o altro».
E la privacy? Dall’altro lato ci sono gli scettici, come il reverendo Bob Stec di Brunswick, Ohio, che nonostante riconosca qualche aspetto positivo nella nuova funzionalità del social media, ritiene che nulla possa sostituire una vera comunità di persone che si riunisce e prega insieme. «Dobbiamo unire le nostre voci e le nostre mani in preghiera», afferma, e si dice anche preoccupato per un altro aspetto: «È saggio pubblicare informazioni private e personali e metterle a disposizione di chiunque?».
Sulla privacy Facebook rassicura, dicendo che (almeno da parte sua) ne è garantito il rispetto: gli inserzionisti non saranno infatti in grado di utilizzare i post di preghiera degli utenti per inviare pubblicità ad hoc.
Chiesa 3.0. Chi sta già sperimentando da oltre due mesi la nuova funzionalità religiosa è la Crossroad Community Church di Vancouver (USA), che ha un gruppo Facebook attivo con circa 2.500 iscritti. Ogni giorno vengono pubblicate dalle venti alle trenta richieste di preghiere, e tutti i venerdì i membri del gruppo condividono i “successi” delle preghiere, raccontando quali delle richieste fatte al Signore sono state esaudite.