Il social network rischia di dover sborsare una cifra pari a 8 volte le entrate dell’anno scorso.
Sono ormai passati quasi quattro anni dal caso “Cambridge Analytica”, con il quale Facebook finì nell’occhio del ciclone per la scarsa considerazione che dimostrò per la privacy degli utenti.
Il commercio di dati personali fatto allora portò le autorità Garanti dei vari Paesi a imporre al social network il pagamento di alcune multe: 500.000 sterline chiese il Regno Unito, per esempio, 1 milione di euro l’Italia e 5 miliardi di dollari gli Stati Uniti.
Per quanto si tratti di cifre che possono impressionare le persone comuni, per una realtà enorme come Facebook sono praticamente briciole: è questo uno scenario che si vede ripetuto pressoché ogni volta che una grande azienda viene multata per aver commesso degli illeciti.
Ora sembra che tutto ciò stia per cambiare. L’Australia, che sta concludendo le indagini sul caso, ha infatti leggi molto severe per quanto riguarda il rispetto della privacy, e si prepara a infliggere una multa altrettanto severa.
Le norme prevedono multe fino a 1,7 milioni di dollari australiani per ogni violazione dei dati. Le autorità calcolano che le violazioni avvenute in seguito alle azioni di Cambridge Analytica siano 311.074. Pertanto, Facebook rischia di dover pagare la bellezza di 529 miliardi di dollari australiani (oltre 304 miliardi di euro).
Questa è davvero una cifra che può far paura e convincere chi viene riconosciuto colpevole di certe violazioni ad attivarsi seriamente per evitare che la situazione si ripeta: è infatti pari a 8 volte le entrate registrate da Facebook nel 2019.
Il social network – scrive l’Office of the Australian Information Commissioner – «non ha intrapreso i passi necessari per proteggere le informazioni personali delle singole persone da rivelazioni non autorizzate»: il conto di tanta leggerezza potrebbe, per una volta, essere davvero salato.