Terza, quarta, quinta dose del vaccino anti Covid-19: sono queste le mosse vincenti in quella che è ormai “una partita a scacchi fra l’intelligenza umana e il virus SarsCoV2”, come la definisce Guido Forni, già ordinario di Immunologia all’Università di Torino e membro della Commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei.
I richiami del vaccino aumentano infatti la capacità del sistema immunitario di rispondere a sottovarianti sempre nuove del virus ed è al momento questa la strategia messa in atto dall’uomo per avere la meglio contro quella che Forni definisce “una zuppa di sottovarianti”. Sono infatti centinaia quelle finora comparse solo all’interno della famiglia Omicron, ma al momento “nessuna di queste è caratterizzata da grandi variazioni”.
Quanto al virus, resta da capire quali saranno le sue prossime mosse.
Nell’attesa, “ci troviamo in un grande momento di sospensione”, osserva Forni. “E’ giusto guardare con attenzione a quanto sta accadendo in Cina, ma possiamo essere più tranquilli rispetto al 2020” perché adesso, “abbiamo più esperienza ed è più esperto anche il nostro sistema immunitario, grazie alle difese acquisite con le vaccinazioni e con le infezioni”. Di conseguenza, “se la situazione dovesse restare quella attuale, tutto ciò che stiamo facendo in termini di controlli negli aeroporti e vaccinazioni ha una sua importanza”.
Le prossime mosse dell’uomo potrebbero perciò confermare la strategia dei richiami al vaccino anti Covid: “più si è immunizzati, “più aumenta l’ambito della risposta immunitaria”, che con i richiami “diventa sempre più ampia”. Bisogna infatti considerare che “la quota del vaccino in grado di combattere le nuove varianti è piccola, pari al 20% e per questo è importante avere una risposta immunitaria alta: più l’immunizzazione è elevata, più la quota del 20% avrà un’estensione ampia”.
La quarta dose e la quinta sono “estremamente importanti dopo i 60 anni”, osserva Forni, perchè anche “il sistema immunitario invecchia: a causa del fenomeno chiamato ‘immunosenescenza’, le persone anziane hanno difficoltà a ricordare anche dal punto di vista immunologico”. Per questo negli anziani “la risposta immunitaria dura poco e il richiamo ogni cinque o sei mesi potrebbe essere la via di procedere per il futuro”.
Grazie a questa strategia è quindi possibile, secondo l’esperto, tenere testa al virus: “finora è evidente che vaccini e richiami riescono a controllare anche le numerose sottovarianti”.
Sempre che il SarsCoV2 non riservi sorprese: “non sappiamo quali saranno prossime mosse del virus, che non ha né una strategia né una logica”. La sua, osserva l’immunologo, è un’evoluzione casuale. Per questo “resta il punto interrogativo se il caso dovesse dare origine a nuova forme”, per esempio a una variante nuova rispetto alla Omicron, che secondo la nomenclatura stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) dovrebbe chiamarsi ‘Pi’.