Foxconn non ha fatto abbastanza nel 2022 per contenere il proprio impatto sull’ambiente. A metterlo nero su bianco è un report di Greenpeace, che al principale partner industriale di Apple ha assegnato la valutazione D+. Volendola convertire in un “metro” a noi più familiare potrebbe equivalere a un 7 su 10 fin troppo stentato, un 7-.
L’ONG ambientalista ha messo in fila alcuni tra i più importanti player mondiali della supply chain valutando gli sforzi fatti per ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalle loro attività, e Foxconn – vero e proprio gigante del settore – non ha affatto brillato. Tra le compagnie che trasformano un insieme di componenti in un prodotto fatto e finito, pronto per essere venduto, Foxconn si è posizionata:
- alle spalle di Luxshare Precision (C+) e di Pegatron, entrambi hanno delle commesse da parte di Apple
- sopra Goertek, assemblatore cinese che è risultato essere tra i peggiori in assoluto (F), un insufficienza abbastanza importante.
La valutazione assegnata a Foxconn non è molto lusinghiera, non tanto in termini assoluti dove un “7-” non è di per sé un verdetto disastroso, quanto in relazione ai competitor e ai rispettivi giri d’affari: realtà più piccole hanno profuso un impegno maggiore di Foxconn nel 2022, che per influenza e ricavi potrebbe permettersi un approccio più incisivo per migliorare la propria impronta ambientale.
Il big taiwanese, che molti conoscono per essere uno degli storici partner industriali di Apple per iPhone, iPad, Mac e compagnia, ma che riceve commesse da altri big di diversa estrazione, è risultato essere il più energivoro del lotto, e nel 2022 ha emesso da solo più di quanto non abbia fatto l’intera Islanda in un anno. Greenpeace sottolinea inoltre come Foxconn lo scorso anno si sia impegnata meno di un rivale più piccolo come Luxshare (che secondo indiscrezioni assembla una parte degli iPhone Pro) per utilizzare energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili.
Alle aziende tecnologiche piace parecchio sottolineare il loro approccio green, ma se si guarda con attenzione l’insieme e non il dettaglio ci si accorge di quanto le loro catene di fornitura siano estremamente sporche – ha dichiarato in una nota vista dai colleghi di cnet.com Xueying Wu, membro di Greenpeace. Le azioni a tutela del clima da parte di Samsung Electronics e di Foxconn sono state notevolmente fiacche.
SEMICONDUTTORI SI AVVIANO A INQUINARE PIÙ DEL PORTOGALLO
Il report di Greenpeace arriva non a caso a una settimana dal via della COP28, la 28esima edizione del vertice sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite che si svolgerà a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre. Negli ultimi anni, sottolinea l’ONG ambientalista, le emissioni di anidride carbonica prodotte dall’industria dell’elettronica di consumo, supply chain inclusa, sono cresciute in maniera vertiginosa, di pari passo alla maggiore diffusione dei dispositivi elettronici.
Greenpeace stima che in assenza di correttivi il trend attuale porterà nel 2030 l’intera industria dei semiconduttori a emettere 86 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, oltre il doppio delle emissioni annuali di CO2 del Portogallo. I semiconduttori stanno vivendo un vero e proprio boom, se fino a qualche anno fa il loro impiego era pressoché circoscritto a smartphone, computer e derivati, adesso sono dei componenti imprescindibili anche per le automobili, per gli elettrodomestici intelligenti e per dispositivi di grande diffusione e largo consumo come ad esempio gli altoparlanti smart.
Secondo l’agenzia non profit per raggiungere la neutralità carbonica è fondamentale che i fornitori dei big dell’elettronica, le aziende che detengono la maggior parte del mercato, si approvvigionino di energia verde lungo tutta la filiera, dalla produzione alla spedizione.