Fake news, se le conosci le eviti: un gioco online che cala gli utenti nel ruolo di troll e produttori di notizie false sembra aumentare la resistenza psicologica alle bufale, diminuendone la credibilità. Il browser Bad News è stato lanciato nel 2018 dai sociologi dell’Università di Cambridge, con l’obiettivo di testare un approccio alternativo contro i tentativi di disinformazione.
«Le fake news si diffondono più velocemente e capillarmente della verità, quindi combatterle quando hanno invaso il Web può sembrare una battaglia persa», spiega Sander van der Linden, Direttore del Cambridge Social Decision-Making Lab. «Abbiamo voluto testare il funzionamento del debunking preventivo, o pre-bunk: esporre le persone a una piccola dose dei metodi utilizzati per creare e diffondere disinformazione, affinché guadagnino una migliore comprensione di come possono essere ingannati.»
L’esavalente dell’informazione. In pratica il gioco funziona come un vaccino psicologico: far agire da disinformatori in condizioni controllate sembra funzionare molto meglio che mettere in guardia dalle bufale a danno compiuto. La tattica si basa sulla teoria psicologica dell’inoculazione: un comportamento o predisposizione (in questo caso, la capacità di riconoscere le notizie vere) può essere una protezione da una minaccia futura (le fake news) nello stesso modo in cui si protegge il corpo dalle infezioni più gravi, ossia esponendo il soggetto a versioni attenuate del pericolo da contrastare (i vaccini).
Scintille incendiarie. Centinaia di persone hanno partecipato al gioco, che per 15 minuti le ha invitate ad alimentare rabbia e paura diffondendo idee e ipotesi di complotti, gestendo bot su Twitter e ritoccando immagini. Gli utenti hanno dovuto guadagnare punti in settori come polarizzazione delle posizioni, impersonificazione di personaggi noti (al limite del furto di identità), cospirazione, screditamento delle fonti, trolling, diffusione di contenuti emotivamente provocatori. Potevano decidere se farlo da posizioni politiche di destra o di sinistra, anche se – per le caratteristiche e il tema del gioco – la maggior parte dei partecipanti è risultato essere giovane, maschio, istruito e liberale (un insieme di “appartenenze” che costituisce un pregiudizio metodologico tipico di molti studi scientifici in tema di psicologia e sociologia).
Questa volta non ci casco. Per valutare gli effetti del “vaccino”, ai 15 mila partecipanti che, oltre a giocare, hanno anche accettato di prendere parte allo studio, è stato chiesto di valutare l’attendibilità di alcuni titoli e notizie prima e dopo il test. La credibilità percepita delle fake news si è ridotta del 21% dopo il completamento del gioco. E chi prima del test risultava più facilmente raggirabile ha beneficiato più degli altri del “vaccino digitale”.
Permettere ai consumatori di notizie di entrare nei meccanismi usati dai produttori seriali di disinformazione funziona, insomma, molto meglio dei tentativi di disinnescare singole fake news. Forti dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno tradotto il gioco in nove lingue, e ne hanno creato una versione “junior”, per ragazzi dagli 8 ai 10 anni.