Il picco dell’emergenza COVID-19 sta rientrando, molto lentamente, ma il rischio è ancora reale e concreto: il ritorno alla normalità potrebbe causare un nuovo aumento dei contagi. Come abbiamo visto con la questione del contact tracing, si spera che la tecnologia ci dia una mano a tenere sotto controllo la malattia, ma un gruppo di ricercatori dell’università di Stanford vogliono esplorare un’altra strada: usare gli indossabili come strumento diagnostico.
In questa fase, i ricercatori vogliono capire se effettivamente gli smartwatch possono in qualche modo “capire”, attraverso i dati raccolti dai loro sensori, se chi li indossa potrebbe essere affetto dalla malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2. Lo studio è su base volontaria, ed è aperto a tutti coloro che:
- possiedono un indossabile come Apple Watch o Fitbit.
- sanno o sospettano di aver contratto la COVID-19
- sono entrati in contatto con persone ammalate
- svolgono lavori ad alto rischio di esposizione, come personale medico o dipendenti di supermercati.
Per tutta la durata dello studio, i partecipanti dovranno compilare un rapido questionario (2 minuti) su base quotidiana e fornire la documentazione clinica richiesta. La pagina per partecipare (link FONTE in fondo all’articolo) spiega in modo piuttosto chiaro che bisognerà essere disposti a condividere i propri dati, e che non si sarà retribuiti in alcun modo.
Le dolenti note: si prevede che lo studio impiegherà almeno due anni prima di giungere a delle conclusioni concrete – e naturalmente non è garantito che porterà a qualcosa. Purtroppo nel campo della ricerca scientifica le tempistiche sono sempre molto lunghe, vista la sensibilità e delicatezza dell’argomento. D’altra parte, si prevede che ci vorranno almeno 18 mesi prima di trovare un vaccino contro la COVID-19 – e anche in quel caso sarebbe pratiacmente un record.