GTA III e i suoi due seguiti, Vice City e San Andreas, hanno cambiato il mondo dei videogiochi: non solo sono stati l’inizio della maturità per uno sviluppatore, Rockstar Games, che nel tempo si è imposto come uno tra i più ambiziosi e capaci del panorama mondiale, ma il mix di open world, narrazione e qualità dell’esperienza hanno improvvisamente alzato l’asticella a cui tutti gli altri hanno dovuto aspirare ad arrivare. Tra l’altro, molto spesso, senza riuscirci.
Tra le peculiarità di Rockstar Games c’è anche quella di porre una cura maniacale nei suoi progetti, un’attenzione certosina che le ha permesso di distinguersi anche quando si è messa in gioco in contesti diversi dal solito – ad esempio su Nintendo DS con Chinatown Wars – e che ha coinvolto soprattutto la sua serie regina, Grand Theft Auto appunto.
Da questa collezione quello che ci saremmo aspettati è, insomma, un punto di riferimento per quanto riguarda il lavoro di restauro e valorizzazione dei primi tre episodi 3D della serie, o comunque un prodotto confezionato a puntino. Invece Grand Theft Auto: The Trilogy non solo è arrivato nei negozi con diversi problemi, soprattutto su PC dove è stato inutilizzabile per giorni, ma anche superati i limiti iniziali quello che è rimasto è un risultato al di sotto delle aspettative. Vale comunque la pena prenderlo in considerazione?
IL LAVORO DI RESTAURO
Il primo elemento che spicca lanciato uno dei tre titoli è quanto, aumentata la risoluzione e tolte le grane cinematografiche e gli effetti che al tempo erano stati inclusi a causa dei limiti dell’hardware nel rendering degli elementi distanti, il gioco appaia molto più colorato ma anche un po’ meno suggestivo. Se questo look un po’ più cartoon, unito ad un comparto luci e ombre rivisto, si sposa tutto sommato in maniera accettabile con le notti al neon di Vice City, in generale l’impressione è che non si adatti ai toni a cui la serie di ha abituato.
Il lavoro di upscaling delle texture è evidente anche se ci sono alcuni elementi più riusciti di altri, il che crea più volte un contrasto poco piacevole. Tra l’altro la definizione delle immagini di questo Grand Theft Auto: The Trilogy mette in luce in maniera impietosa quanto siano invecchiati i modelli, tanto degli NPC quanto di molti degli elementi poligonali dell’ambientazione, soprattutto quando non si tratta di edifici importanti ai fini della storia. E anche l’orizzonte visivo, più profondo che in passato, crea un effetto un po’ spoglio anziché arricchire quanto mostrato su schermo.
GTA: The Trilogy non riesce insomma a nascondere la sua origine, che risale direttamente all’epoca di PlayStation 2, nonostante il passaggio dal vecchio RenderWare al ben più moderno Unreal Engine 4. Un salto che avrebbe imposto un lavoro più profondo e con più risorse a disposizione, e che invece sembra sia stato fatto con un po’ di superficialità, come dimostrato anche da alcuni elementi davvero poco accettabili, come gli effetti metereologici. Un processo di abbellimento che altri prodotti simili, come Mafia Definitive Edition, ma anche diversi e precedenti, come i capitoli di Tony Hawk riproposti di recente, sono riusciti a fare con esiti radicalmente diversi (e migliori).
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Il paradosso di questa situazione è che nel nostro caso, giocando con portatile dotato di AMD Ryzen 7 5800H, una GeForce RTX 3070 e 16 GB di Ram, non siamo riusciti a mantenerci fissi a 60 immagini al secondo in modalità Ultra in nessuno dei tre capitoli, una situazione che francamente, considerando la resa, non solo sarebbe dovuta essere alla portata ma era lecito dare per scontato.
Se da una parte è indubbio che Grand Theft Auto: The Trilogy ha un look e caratteristiche tecniche complessivamente più moderne rispetto ai primi anni 2000, e ci mancherebbe, il risultato un po’ pasticciato messo insieme da Rockstar e da Groove Street Games lo rende meno affascinante degli originali.
TOCCHI DI MODERNITÀ
Se l’aspetto tecnico è deludente, non c’è dubbio che parte del lavoro fatto dal team di sviluppo sul gameplay aiuta a rendere l’esperienza un po’ più accessibile rispetto agli standard moderni.
C’è ad esempio un sistema che permette di impostare la propria destinazione (al di fuori delle missioni) così da avere un indicatore personalizzabile e non dover tutte le volte aprire la mappa. Non è perfetto e sicuramente avrebbe potuto essere più evoluto, ad esempio con punti intermedi, ma è già qualcosa e rende meno frustrante la navigazione all’interno della città, soprattutto perché ci sono tutta una serie di negozi e punti di riferimento che vi ritroverete a visitare spesso.
Anche il sistema di controllo ha subito alcuni ritocchi che passano da una nuova interfaccia a rotella per la selezione delle armi, richiamabile con il dorsale ed effettivamente molto comoda, fino a un sistema di auto targeting che tra alti e bassi comunque si fa apprezzare.
Una certa approssimazione nel lavoro di restauro si manifesta comunque anche nei comparti, come quello relativo al gameplay, in cui tutto sommato il lavoro è stato fatto con cognizione di causa. Non si capisce, ad esempio, perché solo San Andreas abbia beneficiato delle migliorie al sistema di checkpoint durante le missioni, mentre i due capitoli precedenti no. Ancora una volta, sembra che sia mancato qualcosa in termini di risorse a disposizione per realizzare un lavoro soddisfacente sotto tutti i punti di vista.
TRE GIOCHI CHE HANNO FATTO STORIA
Groove Street Games ha svolto un compitino che lascia per molti versi l’amaro in bocca e che diventa ancora meno accettabile se si pensa al materiale di partenza. GTA III, Vice City e San Andreas sono tre giochi molto diversi tra loro, che per ragioni differenti avrebbero molto beneficiato di più attenzione.
GTA III è, giocato oggi, un salto nel passato piuttosto violento. Gli elementi che hanno portato la serie al successo di GTA V, del suo online e di quello che verrà in futuro per la serie sono lì, presenti però in una versione prototipale che sperimentata oggi ha forse poco da dire, se non in termini di testimonianza della storia dei videogiochi.
Vice City è divenuto amatissimo per l’ottimo mix di una città, Miami, ricca di fascino soprattutto quando declinata con suoni, colori e storie uscite direttamente dagli anni ‘80. Tra i tre forse quello che meno dipende dagli aspetti tecnici e che ne esce meglio.
Infine San Andreas è stato il capitolo della maturità per la trilogia: le missioni si sono fatte più articolate, la qualità della narrazione ha segnato un passo in avanti ancora e l’enorme sand box costruito per rappresentare Los Angeles e i suoi dintorni ha posto le basi per quello che poi sarebbe arrivato con il quarto e il quinto capitolo.
C’è molto da divertirsi giocando i tre GTA, alcune situazioni, personaggi e linee narrative sono oggi come allora divertentissime, ma è difficile non pensare che quanto di buono è sperimentabile in Grand Theft Auto: The Trilogy fosse già lì, che nulla è stato aggiunto. Resta comunque impossibile sostenere che un appassionato possa dirsi tale senza aver mai sfidato la polizia per le strade di Los Santos, quindi un valore questi tre prodotti ancora ce l’hanno eccome.
COMMENTO
Grand Theft Auto: The Trilogy è un’operazione insufficiente. Lo è per la realizzazione tecnica maldestra ma anche perché non risponde alle lecite aspettative di chi, e sono molti, avrebbe rigiocato volentieri tre titoli seminali per la storia dei videogiochi in una versione capace di esprimere almeno in parte i passi in avanti fatti sia a livello tecnologico, sia in termini di padronanza che Rockstar ha del medium.
Così resta un prodotto consigliabile solo a chi è curioso e non ha avuto modo di giocarli al tempo – tra l’altro le versioni originali sono state rimosse dagli store, quindi anche volendo non sono più reperibili – oppure a tutti coloro sono curiosi di tornare a visitare una data location o rigiocare una certa missione, amata al tempo dell’uscita originale.