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09.10.2022 In Audi, Auto, Tecnologia

Ho provato la realtà virtuale su un’auto in movimento con Holoride e Audi

Holoride significa fare un passo avanti verso quella filosofia phygital che sta tanto spopolando, a volte come concept per mostrare qualcosa che può sembrare puro esercizio di stile, altre come naturale evoluzione di un trend oggi forse proprio solo dei geek, domani pronto a diventare di massa.

Il contesto è quello del Futureshots Festival ’22, l’evento organizzato da H-Farm che è nata come incubatore di startup, si è evoluta come società di consulenza e oggi è (anche) un campus che abbraccia studenti di tutte le età, dai più piccoli all’università senza dimenticarsi dei master post universitari.

Il modello è quello americano: un campus con dormitori e servizi, tanti spazi aperti, strutture per lo sport e per il tempo libero e una formazione improntata sulle nuove tecnologie, sul digitale e con la pratica sempre presente, in modo da mettere in contatto gli studenti fin da subito con le realtà aziendali che cercano sempre nuovi talenti.

CHI È HOLORIDE

Nata come spin-out di Audi e situata a Monaco, l’azienda unisce i mondi di auto, gaming, crypto e tecnologia, con un focus particolare sulla realtà virtuale e le esperienze immersive.

Può sembrare controintuitivo associare la VR ad un auto perché entrambe rischiano di far venire la nausea: statisticamente, infatti, il 30% delle persone soffre di motion sickness; circa un terzo inizia ad avvertire i primi sintomi già dopo 5/10 minuti da quando inizia a scrivere sul cellulare da un auto in movimento o a leggere qualcosa sullo schermo.

La realtà virtuale non è digeribile per tutti, ed è questione di predisposizione. Proprio per questo, immaginarsi la realtà virtuale in auto può essere qualcosa di assurdo, in realtà la prova della tecnologia di Holoride ha dimostrato che si può godere di esperienze in VR senza subire gli effetti del movimento dell’auto.

Holoride è una piattaforma di realtà virtuale che sa sempre dove si trova, in che contesto sta viaggiando e “prevede” i movimenti futuri. Il posizionamento è sincronizzato sfruttando i dati della mappa, la localizzazione GPS, i sensori stessi dell’auto e quelli del visore VR. Integrando tutti questi dati, e creando un ambiente virtuale che si “muove” con la vettura, la VR si trasforma da un’esperienza traumatica a qualcosa che risulta naturale.

Lato hardware ci sono i sensori, lato software gran parte del lavoro è fatto anche da chi disegna l’interfaccia e i giochi. Mentre guardo un trailer su Netflix, dei piccoli puntini luminosi sullo sfondo, poco invasivi, mi restituiscono la percezione di velocità sincronizzandosi con quella dell’auto. Una piattaforma virtuale al centro, un piccolo punto di osservazione con una “recinzione” che mi separa dal vuoto virtuale, diventa il mio punto di riferimento.

Questo piccolo balcone si muove leggermente e subisce il rollio replicando le reazioni del mio corpo, e in questo contribuisce a non farmi sentire spaesato mentre il mio sguardo è focalizzato sul punto fisso del cinema virtuale. La sensazione di motion sickness è maggiore quanto più ci si focalizza su una zona che cattura l’attenzione (per questo leggere qualcosa ci porta a stare male prima rispetto al consultare una mappa ad esempio), ma la mia visione periferica ha l’occhio su dove sono appoggiati i miei piedi virtuali, il “balconcino” che fa da fulcro e che sembra ancorato su un giunto in grado di garantire una certa libertà di reagire ai movimenti dell’auto.

Il fatto stesso di descrivere questo sistema proprio come qualcosa di meccanico, che da la sensazione di essere montato su un grande cuscinetto a sfera con dei comandi a pistoni idrauliici, dovrebbe farvi capire la bontà dello sviluppo di questo software che è davvero in grado di portare sensazioni tipiche della realtà nel mondo virtuale.

Holoride utilizza gli HTC Vive Flow, occhiali VR compatti e leggeri (200 grammi) che si connettono alla vettura sfruttando il Bluetooth per l’integrazione dei sensori. L’unico cavo è quello attaccato ad un classicissimo powerbank per estendere l’autonomia.

Holoride ha lavorato sia sulla localizzazione del veicolo, per integrarsi con i sensori del produttore, sia su un SDK che diventa il pacchetto, chiavi in mano, da fornire al mondo B2B, agli sviluppatori di contenuti che poi creano le esperienze virtuali, dall’intrattenimento ai videogiochi.

HOLORIDE: LA PROVA SU STRADA

Dopo aver visto un trailer su Netflix, dove la testa comanda i movimenti e un tasto sul pad permette di ricentrare la visuale, passo ad un primo gioco molto semplice: un cannone per sparare a delle bolle colorate che esplodono solo se colpite dal proiettile della stessa tonalità.

Qui la piattaforma di prima (il “balconcino”), utilizzata anche per creare un punto di ancoraggio nei menu di navigazione, mi segue all’interno del videogioco, si muove con i movimenti dell’auto, restituisce la sensazione visiva equivalente a beccheggio e rollio e evita completamente la “motion sickness”.

Il terzo gioco è quello più sfidante perché mi svincola da quella sicurezza psicologica dell’ancoraggio “a terra” e mi porta nei panni di un robot che vola e combatte contro vari nemici tra le nuvole. Alcuni monoliti fluttuano qua e la per creare dei punti di riferimento, e la testa è costretta a fare molti più movimenti perché gli avversari arrivano da più direzioni e con una maggior velocità… oltre a potermi colpire rischiando il game over (a differenza del gioco precedente dove non c’erano nemici ma oggetti passivi).

Chiedo quindi al conducente di alzare il ritmo, non per superare i limiti di velocità (non avrebbe senso), ma per fare qualche curva e rotonda in maniera simile a quanto accadrebbe nella vita reale, con guidatori che non sono certo fluidi e attenti come lui al comfort dei passeggeri. Così curve e rotonde iniziano ad essere più accentuate in termini di rollio, purtroppo comunque ridotto perché siamo su un’auto più sofisticata della media (mi sarebbe piaciuto provarlo su una vettura di massa con sospensioni meno nobili).

Continuo a giocare, ormai sono nella VR da una ventina di minuti e la motion sickness non accenna a farsi sentire. Il mio turno di prova termina poco dopo, scendo dall’auto con una leggera sensazione di straniamento che passa dopo pochi istanti. Quattro chiacchiere con il team, dal quale scopro che il debutto in Italia sarà nel primo trimestre del 2023 e che lo sviluppo proseguirà con nuove funzioni e affinamenti, e l’aria fresca di un sabato ventilato mi rimette completamente in sesto.

Ovvio, non per tutti sarà così: dipende da quanto siete forti di stomaco, da quanto siete abituati alla VR e da tutta una serie di altri fattori, predisposizione inclusa. Quel che è certo, però, è che il lavoro fatto dal team di sviluppo è davvero ottimo: da passeggero, leggere un articolo o controllare e rispondere alle mail inizia ben presto a farmi sudare freddo a causa di sensazioni non proprio positive alla bocca dello stomaco. Con la realtà virtuale di Holoride, invece, i 20 minuti di prova non hanno avuto conseguenze. Significherà qualcosa, no?

PROSSIMAMENTE…

Holoride è un progetto in divenire: seppur commercialmente pronto, il lancio avverrà fra pochi mesi anche in Italia, l’ecosistema andrà man mano arricchendosi di servizi e applicazioni che sfrutteranno anche RIDE, il token lanciato a novembre 2021 dopo anni di preparazione: un’infrastruttura basata sulla blockchain, carbon negative, scalabile e abilitatrice dei servizi che nasceranno intorno alla piattaforma di Holoride. Si tratta del primo token dedicato alle esperienze VR in mobilità. A questo si affianca il Motorverse, una sorta di esperienza social dedicata a portare il metaverso all’interno delle auto.

Con l’SDK di Holoride i primi software saranno quelli dedicati all’intrattenimento, all’educazione tramite gamification e alla “mindfulness“, che si traduce con consapevolezza ma attinge più alla sfera di relax e meditazione. Per la produttività c’è invece da attendere un po’: leggere e scrivere da un’auto in movimento non è facile e gli sviluppatori dovranno trovare la quadra per abilitare funzioni più articolate della semplice videochiamata di lavoro, il tutto con un metodo di controllo che possa prevedere anche degli input più complessi del semplice punta e clicca.

Ad ogni modo, per chi ci vuole già provare, il sistema permette di avere in mirroring il proprio smartphone e, con un po’ di pratica, non sarà difficile scrivere alla cieca sul touchscreen e visualizzare lo schermo in grande sul visore…

Articolo originale disponibile qui

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