La conchiglia di una chiocciola vuota: è questa la più antica rappresentazione al mondo dello zero inteso come numero per fare i calcoli, e non come semplice nozione di un insieme vuoto. A tracciarla è stata probabilmente la mano di un astronomo Maya, come spiega Giulio Magli, docente di archeoastronomia del Politecnico di Milano, nella nuova puntata della rubrica video #IlPOLIMIrisponde.
L’idea dello zero come concetto per indicare un insieme vuoto “era già presente nella matematica babilonese, forse in quella egizia e anche in quella greca”, racconta Magli. “Anche il celebre astronomo greco Tolomeo dava la declinazione delle stelle nel suo catalogo usando lo zero per indicare il concetto di nulla”.
L’introduzione dello zero come numero vero e proprio, invece, “si deve quasi certamente a un astronomo Maya”, afferma Magli. “Questo grande popolo precolombiano, vissuto tra il II e il VI secolo d.C., aveva ereditato la cultura dell’antica civiltà degli Olmechi e aveva sviluppato un sistema matematico numerico in base 20 che conteneva lo zero, indicato come una conchiglia vuota, una chiocciola senza opercolo”.
Dall’altra parte dell’oceano “furono i matematici indiani a introdurre lo zero per i calcoli, tra il VI e il VII secolo d.C.”, sottolinea l’archeoastronomo. Nello stesso periodo anche gli arabi introdussero il numero zero, anche se “non è chiaro se lo presero dagli indiani o se lo svilupparono in maniera indipendente”. Tra il VII e l’XI secolo “venne introdotto il calcolo decimale come lo conosciamo oggi, che venne poi importato in Europa da Fibo
[embedded content]