Donald Trump svela il suo piano di pace per il Medioriente, proponendo di fatto una soluzione a due stati, ma molto sbilanciata a favore dell’alleato Israele
(foto: Alex Wong/Getty Images)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato il piano della Casa bianca per risolvere il conflitto fra israeliani e palestinesi, una delle contese territoriali irrisolte più complesse al mondo. Il documento di 181 pagine prevede, in estrema sintesi, che Gerusalemme diventi “capitale indivisa” dello stato di Israele, mentre gran parte degli insediamenti costruiti negli anni in Cisgiordania entrerebbe a far parte del paese. Contemporaneamente, però, vedrebbe la luce uno stato palestinese, con Gerusalemme Est capitale, cui Trump promette 50 miliardi di dollari di aiuti per lo sviluppo economico in cambio del riconoscimento di Israele, della rinuncia all’uso della violenza e alla formazione di un esercito. Ma andiamo con ordine e facciamo chiarezza.
L’asse Trump-Netanyahu
Il piano era stato annunciato quattro anni fa, e chiamato da Trump “deal of the century”, ovvero l’accordo del secolo. Va notato che, in realtà, a lavorare all’accordo è stato principalmente il genero di Trump, Jared Kushner. A ogni modo, in questo frangente temporale, numerosi analisti hanno fatto notare che quanto proposto dai repubblicani non avrà vita facile: non a caso i palestinesi hanno protestato subito dopo l’annuncio e si sono rifiutati di considerarlo. Questo perché, fra le altre cose, l’amministrazione del tycoon ha finora adottato politiche a favore di Israele, oltre ad aver stretto un’ottima relazione con il primo ministro israeliano Benjiamin Netanyahu, leader di Likud, un partito nazionalista di destra.
Trump, nell’ordine, nel 2017 ha spostato l’ambasciata statunitense in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme fino a dichiarare, nel novembre 2019, come vi avevamo spiegato, che gli Stati Uniti non considereranno più illegali le colonie israeliane in Cisgiordania, come invece stabilisce la maggioranza della comunità internazionale. Nel frattempo era stato deciso anche di chiudere l’ufficio diplomatico palestinese a Washington. Inquadrato il contesto, il piano annunciato non poteva non andare a favore di Israele e, agli occhi di molti, sembra effettivamente un patto Trump- Netanyahu. Non a caso il premier israeliano ha ringraziato Trump, “il miglior amico che Israele abbia mai avuto alla Casa bianca“. E invece i palestinesi sono andati su tutte le furie con il presidente dell’Anp (Autorità nazionale palestinese), Abu Mazen, che ha invitato tutti a “resistere in tutte le forme“.
Cosa contiene
Il fulcro del piano, usando le parole di Trump, è che “Gerusalemme resterà capitale indivisa dello stato d’Israele“, ma ci sarà uno stato palestinese – “demilitarizzato” e “contiguo” – con “una capitale a Gerusalemme Est dove gli Stati Uniti apriranno orgogliosamente un’ambasciata“. Nel dettaglio, poi, Israele dovrebbe annettere al proprio territorio tutte le colonie esistenti e gran parte dell’Area C, cioè le zone della Cisgiordania che gli accordi di pace siglati nel 1993 assegnavano a un futuro stato palestinese, ma, in seguito, la gestione civile e militare è stata di fatto israeliana. L’accordo prevede appunto il congelamento delle colonie israeliane per quattro anni, proprio per negoziare la pace. Tradotto: l’eventuale nascita di uno stato palestinese vedrebbe una serie di territori a sovranità israeliana all’interno quasi a macchia d’olio, visto che le colonie non sono appunto distribuite in maniera omogenea lungo il confine fra Israele e Cisgiordania. Oltre questo, i palestinesi, poi, vedrebbero forti limitazioni per la loro difesa, con il progressivo abbandono della forza armata, come previsto dal piano.
This is what a future State of Palestine can look like, with a capital in parts of East Jerusalem. pic.twitter.com/39vw3pPrAL
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 28, 2020
Il piano mette però in cantiere anche la costruzione di un tunnel che collegherà Cisgiordania e Gaza, ha spiegato Trump. Difatti, oggi è molto complicato spostarsi fra i due territori, tanto che “nessuno, né israeliani né palestinesi, verrà sradicato dalle proprie abitazioni” promette il presidente parlando della costruzione del tunnel. Un’altra concessione – seppur il piano resti fortemente sbilanciato a favore di Israele – è il ritiro dei militari da Gerusalemme Est, area occupata dal 1967 da Israele, nonostante assegnata al popolo palestinese dalla comunità internazionale.
Un’altra questione è quella della diaspora. Netanyahu – che ha fiancheggiato Trump nella presentazione del piano e che oggi ne parlerà in Russia a Vladimir Putin – ha spiegato che i rifugiati palestinesi non avranno diritto al ritorno, dovendo riconoscere Israele come stato ebraico. “Verrà applicata la legge israeliana sulla Valle del Giordano, su tutte le colonie in Cisgiordania e su tutte le aree che il piano designa come parte di Israele” ha aggiunto. Il piano, infatti, prevede che tra le zone da annettere a Israele c’è anche la Valle del Giordano, un vasto territorio di fatto controllato dai coloni israeliani, ma formalmente appartenente all’Autorità nazionale palestinese.
Leggi anche