Il plancton, ossia l’insieme dei microrganismi alla base della catena alimentare degli oceani, potrebbe non sopravvivere al riscaldamento globale: a indicarlo è lo studio guidato da Rui Ying, dell’Università di Bristol nel Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Nature.
“I risultati sono allarmanti – ha detto Ying – perché anche con le proiezioni climatiche più prudenti di un aumento di 2 °C, è evidente come il plancton non potrà adattarsi abbastanza rapidamente al tasso di riscaldamento che stiamo sperimentando ora e che sembra destinato a continuare”.
Il termine plancton si riferisce a una grande varietà di microrganismi vegetali e animali che popolano i mari trascinati dalla corrente e che sono la principale fonte di cibo di molti animali marini, nonché uno dei più importanti depositi di carbonio del pianeta.
I ricercatori sono partiti analizzando il passato, ossia il comportamento del plancton durante l’ultima fase glaciale, circa 21mila anni fa. Lo studio ha evidenziato che, allora, gran parte del plancton riuscì a trovare rifugio nelle acque più fredde, ma proiettando queste dinamiche negli scenari dei prossimi anni emerge che gran parte del plancton potrebbe non sopravvivere. “Sarebbe una minaccia senza precedenti – ha aggiunto Ying – sconvolgendo l’intero ecosistema marino con conseguenze devastanti e di vasta portata per la vita marina e anche per le scorte alimentari umane”.
Preoccupazioni alimentate dal fatto che, nonostante con gli accordi di Parigi 196 nazioni abbiano concordato di limitare l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, nuove analisi indicano che in mancanza di misure più stringenti si rischia di superare presto i 3°C. “Il messaggio è chiaro – ha aggiunto Daniela Schmidt, coautrice dello studio dell’Università di Bristol – tutte le nazioni devono intensificare collettivamente e individualmente gli sforzi e le misure per mantenere il riscaldamento globale al minimo”.
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