Per fortuna esiste un posto dedicato all’innovazione, dove non si parli a sproposito di futuro, non si spacci per tecnologia qualche bot auto risponditore, non venga presentato l’ultimo modello di telefonino con tripla camera, ma soprattutto dove “giovane”, “startup” e “innovativa” non seguono necessariamente quest’ordine. Un luogo dove ogni età anagrafica…
Per fortuna esiste un posto dedicato all’innovazione, dove non si parli a sproposito di futuro, non si spacci per tecnologia qualche bot auto risponditore, non venga presentato l’ultimo modello di telefonino con tripla camera, ma soprattutto dove “giovane”, “startup” e “innovativa” non seguono necessariamente quest’ordine.
Un luogo dove ogni età anagrafica può trovare il suo concetto di innovazione.
Di giovani a Lisbona ce n’è tantissimi, ma hanno un range anagrafico che va dai 20 ai 60 anni. In quasi nessuno dei titoli degli speech ci sono etichette che dividano o cerchino a tutti i costi di definire le Persone per categorie. Niente Millennials, niente BabyBoomers. Niente X,Y,Z.
E questo già ci piace, perché include.
E l’inclusione è la prima cosa che risalta all’occhio nello sterminato panorama di palchi (al web summit ce ne sono 14 in contemporanea), di stand megalomani delle case automobilistiche, di quelli dei Paesi emergenti che testimoniano la loro fame di modernità, delle società di consulenza alla ricerca di nuova reputazione, delle Corporate Finanziarie che propongono forme di economie sempre più intangibili e degli aggregatori di servizi tecnologici e piattaforme di social collaboration, è qui che si integrano perfettamente le Startup, divise per settore e per fase di crescita.
L’inclusione è nelle vaste aree dedicate al cibo che coprono le esigenze dei carnivori più spietati a fianco dei vegetariani estremi di tutti i colori che siedono vicini nelle centinaia di panche messe a disposizione favorendo chiacchiere, conoscenze e confronti continui. A quanto pare anche gli innovatori fanno business a tavola.
Aspetti organizzativi
L’organizzazione del WebSummit per chi in Italia ha Milano come “riferimento europeo”, è una macchina irraggiungibile.
Sono arrivate a Lisbona circa 70.000 persone. Il prezzo medio del biglietto è di 500 euro, ma molti sono i frequentatori della manifestazione che sanno quanto democratico (e serio) sia il sistema di prenotazione. Tenendo sotto controllo i canali social e il sito del Festival, fino a 3 mesi prima si riesce ad acquistare biglietti fra i 200 e i 300 euro o addirittura 2 biglietti al prezzo di uno. Il sistema di acquisto è crescente: chi compra per primo paga di meno. Tuttavia, chi volesse venire a Lisbona oggi troverebbe due biglietti a 850 euro.
All’arrivo in aeroporto puoi dimenticarti di Google Maps. Non c’è angolo di strada o cartello metropolitano che non ti suggerisca come raggiungere il Summit. Dentro le metropolitane i percorsi sono segnalati al dettaglio. La registrazione si fa direttamente in aeroporto aiutati da centinaia di volontari che parlano quanto meno in inglese ma dovesse servire, anche in italiano; in meno di un minuto hai il tuo badge al collo e il braccialetto di riconoscimento con cui sarà impossibile che chiunque altro possa prendere il tuo posto.
Lungo tutto il percorso che dalla metro porta al Summit i controlli sono costanti e precisi. Il QRCode del tuo pass viene scantinato almeno due volte al giorno e nonostante questo il movimento della grande onda di persone è garantito senza file anche nei momenti di maggior affollamento.
Non appena ci si sgancia dal wifi della metropolitana, interviene il wifi del Summit che copre tutta l’area indistintamente. Fino ad oggi, quarto ed ultimo giorno, non c’è stato mai un calo di resa nonostante l’ampiezza dei padiglioni e il numero di persone presenti.
Non è banale parlare anche dell’app del Summit: un vero e proprio strumento di lavoro con cui non solo è possibile gestire totalmente il proprio check in, ma segnalando gli interessi professionali si viene indirizzati verso gli interventi più affini, permettendo di scegliere e pianificare il proprio calendario. L’app diventa un’ assistente virtuale che interagisce con ogni aspetto dell’organizzazione: contenuti, mappa, network.
Tramite l’app è infatti possibile contattare direttamente speaker, espositori, partecipanti al summit con estrema facilità e di dialogare con loro tramite chat.
Altra funzione che ho trovato utile sono le trascrizioni di tutti gli speech in tempo reale, che permettono di conservare l’intervento completo senza dover prendere appunti e poterlo rivedere in un secondo momento. In questo modo è garantita anche l’accessibilità a chi è non udente e vuole godersi lo spettacolo senza perdere l’effetto live. Non ho naturalmente sfruttato il traduttore simultaneo integrato nell’app in Inglese, Portoghese, Spagnolo, Mandarino e Giapponese.
Impossibile rimanere a secco con batterie e portatili. Ogni padiglione è disseminato di box energetici suddivisi in cassettine di sicurezza con combinazione dove puoi riporre il il tuo telefono, metterlo in carica e tornare a riprenderlo. Per chi invece desidera lavorare fra un intervento e l’altro ci sono a disposizione tavolini e prese di corrente “condominiali” perfettamente accessibili, nonostante il flusso di persone.
Il WebSummit è anche un bell’esempio di civiltà e rispetto.
Lungimiranza cittadina e bene comune.
Lisbona ha investito nel Web Summit con contratto decennale con l’intenzione di posizionarsi come polo europeo per l’innovazione. E ci sta riuscendo. Il web summit è stata la miccia tanto che già a novembre 2015, una ricerca condotta da Startup Europe Partnership, Microsoft e Avitar Portugal Startup aveva identificato 40 scaleup: startup che hanno già attirato capitali per oltre un milione di dollari; altre 24 sono state in grado di assicurarsi fondi tra un milione e 500 mila dollari e 9 sono le cosiddette exit, cioè le società acquisite da aziende straniere più grandi.
Fra qualche mese inoltre, si inaugurerà Hub Criativo do Beato, il più grande campus mondiale dedicato alle start up: un’area di 100.00 metri quadri costruita in un’ex struttura militare di Lisbona interamente tirata a lucido e pronta a ospitare uffici, laboratori, sale espositive, ma anche servizi di ristoro, spazi per il divertimento e zone dedicate a eventi e manifestazioni.
Startup Lisboa è l’incubatore che si è fatto carico della gestione della struttura, ma alcuni colossi mondiali, come Mercedes e Factory Berlin (la fabbrica per le startup tedesca dove è nata Soundcloud) si sono già unite al progetto (fonte Morning Future).
L’area in cui si svolge il Summit è stata totalmente ristrutturata con grande lungimiranza dalle amministrazioni cittadine che si sono succedute negli anni, trasformando un’area industriale dismessa in un luogo di incontri fieristici e di concerti, perfettamente servita da infrastrutture e servizi di ogni genere.
Le sistemazioni alberghiere non risentono del flusso straordinario di presenze. I prezzi degli hotel sono assolutamente nella media stagionale e la copertura di Air BnB è quanto di più lontano per qualità e quantità da quanto si veda durante le manifestazioni fieristiche di punta nel nostro Paese, dove i prezzi si triplicano costringendo le Persone a sistemazioni di fortuna presso parenti e amici e le aziende a prenotare in città adiacenti: Rimini quando c’è il Cersaie o il Cosmoproof a Bologna, Lodi e Reggio Emilia durante le “week” Milanesi, l’hinterland Padovano durante il Vinitaly.
Di mentalità decisamente diversa, Lisbona prolunga la sua estate con fiumane di turisti in giro per la città di sera, riempiendo locali, ristoranti, negozi e creando un indotto di oltre 3000 lavoratori.
Cosa si vede al WebSummit?
Il websummit è un luogo di per curiosi. Per chi è appassionato di tecnologie, che abbia 20 o 60 anni, che abbia smanettato su un Commodore 64 o sia campione di Fortenite, ascoltare dal vivo personaggi Al Gore, Rohit Prasad (lo scienziato dietro cui c’è il cuore di Alexa), Katherine Maker (la Presidente di Wikipedia), Brad Smith (Presidente di Microsoft), Juan Branco (Presidente di Wikileaks), Werner Vogels di Amazon sui temi delle grandi trasformazioni sociali è un’esperienza irripetibile.
Interessanti per quanto controversi anche Edward Snowden e Suo Ping, Presidente “in carica” di Huawei.
Tante le sessioni sulla creatività e sui contenuti dove Canva, Mozilla, Spotify, Shazam, Mailchimp, e tutti i lovemark del secolo digitale hanno un palco per raccontarsi.
Chi è appassionato di informazione quest’anno ha potuto ascoltare le grandi trasformazioni nel campo dell’editoria raccontate da editori e content maker dei principali giornali internazionali dal New York Times a Condè Nast, Usa Today, Time, Vice. Tanti i giornalisti moderatori.
Per i “tecnocratici”, sviluppatori, programmatori e addetti ai cruscotti sotto cui si nasconde tutta la tecnologia che utilizziamo quotidianamente, ci sono decine di workshop e appuntamenti di aggiornamento organizzati da tutti i brand di riferimento: Microsoft, Amazon, Siemens, Booking, Digital Ocean, Mozilla, Google…
Le Panda Conference sono monologhi o dibattiti in cui imprenditori e manager di grandi aziende (Ikea, Sky, BlackRock, JP Morgan, P&G, Forbes, Lamborghini) immaginano il futuro e propongono modelli di ispirazione.
E infine il mondo delle startup: espositori in tutte le fasi della loro crescita hanno la possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico. E’ costante il flusso di avventori che fa domande, incuriositi dalle centinaia di proposte (alcune totalmente assurde, altre sospettosamente interessanti), rigorosamente suddivise per aree di intervento (dall’IOT, al Turismo, alle Risorse Umane, ai servizi per le aziende, alla Salute, all’entertainment, scuola ed educazione) che cambiano tutti i giorni nell’arco dei 4 giorni.
Per sfamare il lato “business”, sono previsti pitch continui su 4 palchi differenti in cui ci si presenta in pubblico di fronte a una commissione che pone domande di approfondimento, ma anche appuntamenti in un’apposita area dedicata a investitori e una a venture capital.
Non intendo fare un elenco (impossibile, vista la quantità di proposta e la modalità con cui viene quotidianamente riassortita, tanto che ogni giorno è possibile scoprire nuovi angoli e nuove realtà) e tengo a precisare che non devo necessariamente dare un tributo alla manifestazione; ho partecipato al Summit di tasca mia con regolare biglietto. Ma questa è quantomeno una panoramica di tutta l’offerta del Web Summit.
In definitiva, si può dire che (almeno) in Europa il Web Summit è un’esperienza non replicata. Dico “esperienza” perchè è un posto che unisce Persone con riferimenti molto diversi che possono trovare nello stesso ambiente un comun denominatore (sono al Web Summit con un gruppo di amici programmatori, un ingegnere di Reply, una esperta di web marketing, l’ideatore di un’app per la digitalizzazione di opere d’arte e io mi occupo di Risorse Umane. Eppure quando ci troviamo nelle varie pause, abbiamo un linguaggio comune).
Ma il Web Summit è anche un luogo di networking sano, in cui approfondire conoscenze che poi si consolideranno una volta tornati a casa.
Un palcoscenico dove avvicinarsi a coloro che hanno inventato in prima persona i prodotti che stanno trasformando le nostre vite e che vengono a metterci la faccia. Non i loro commerciali o i loro rappresentanti, proprio loro.
E poi, una volta fuori, c’è Lisbona.