Con 553 sì è passato alla Camera: ora M5s e Pd inizieranno a ragionare su un’altra riforma costituzionale che riguarda il Senato, chiesta dal Pd in cambio del suo voto favorevole, e sulla legge elettorale. Ci potrà anche essere un referendum confermativo
La Camera dei deputati (foto: Marco Ravagli / Barcroft Media / Barcroft Media via Getty Images)
Si è svolta alla Camera l’ultima votazione sulla riforma promossa dal Movimento 5 stelle che riduce il numero dei parlamentari italiani, portandolo dagli attuali 915 a 600. La legge è stata approvata a larga maggioranza dai deputati: 553 sì nel voto finale; oltre ai pentastellati hanno votato sì anche i rappresentanti di Forza Italia, della Lega e quelli del Partito democratico. Questi ultimi, in passato, si erano opposti adducendo problemi di rappresentanza, ma hanno rivisto il loro posizionamento nei confronti della riforma – comunque tangenzialmente rivista rispetto alla versione originaria – per via dell’alleanza governativa con i 5 stelle.
La normativa ha conseguenze molto importanti sia a livello di rappresentanza che di costi della politica. Una volta tagliato il numero dei parlamentari, l’Italia diventerà il paese europeo col parlamento più piccolo in base alla popolazione e risparmierà circa 78 milioni di euro (appena lo 0,007% della spesa pubblica). Per vedere questi cambiamenti, però, bisognerà aspettare alcuni anni, o in ogni caso le prossime elezioni politiche, sempre che la riforma non venga sottoposta a referendum e bocciata, come è successo nel 2016 a quella proposta da Matteo Renzi. Vediamo cosa ci aspetta ora.
Il referendum
L’articolo 138 della Costituzione stabilisce che qualsiasi legge di revisione costituzionale può essere sottoposta a referendum se nella seconda votazione è stata approvata dalla sola maggioranza assoluta, e non da quella dei due terzi, ed entro tre mesi dalla sua pubblicazione dietro richiesta presentata da un quinto dei membri di una camera, da 500mila elettori o da 5 consigli regionali.
La riforma del taglio dei parlamentari può essere sottoposta a referendum perché il Senato l’ha approvata in ultima lettura a maggioranza assoluta lo scorso 11 luglio (allora Pd e Movimento 5 stelle non avevano ancora raggiunto un accordo). Per ora non sembrano esserci le condizioni perché ciò accada. In ogni caso, è molto difficile che la proposta verrà infine respinta, perché gode di un amplissimo consenso elettorale.
Cosa succederà nel frattempo?
Ora che la legge è stata approvata, Movimento 5 stelle, Pd, Leu e Italia Viva – le forza che sostengono il governo – inizieranno a lavorare su un’altra riforma costituzionale che il Pd ha chiesto in cambio della sua approvazione al taglio dei parlamentari.
La riforma è pensata in parte per risolvere i problemi legati alla minore rappresentanza e interviene su vari aspetti dell’ordinamento, comprese le modalità di elezione e il funzionamento del Senato. Ora il Senato viene eletto su base regionale e i suoi rappresentanti vengono scelti da cittadini dai 25 anni d’età in su. Il Pd propone di abbassare questa età a 18 anni per equiparare l’elettorato attivo del Senato a quello della Camera, e di formare circoscrizioni pluri-regionali anziché regionali per scegliere i rappresentanti.
La riforma consentirebbe poi ai presidenti di regione di partecipare alle sedute al Senato quando si esaminano questioni relative alla richiesta di autonomia differenziate e ridurrebbe il numero di delegati che ogni regione manda in parlamento in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica per evitare che diventino troppo influenti. Al momento questo numero equivale a 3 tranne nel caso della Valle d’Aosta che ne invia solo 1.
Infine, il Sole 24 Ore scrive che si ragiona anche sulla possibilità che il parlamento si riunisca in seduta comune anche per votare le mozioni di fiducia e sfiducia nei confronti del governo. Al momento lo fa in casi molti limitati, come l’elezione del presidente della Repubblica, la cerimonia del suo giuramento, eventuali messe in stato d’accusa, l’elezione di un terzo dei membri del Consiglio superiore della magistratura e la compilazione di un elenco di cittadini che, nel remoto caso in cui serva, possano assistere la Corte costituzionale per l’impeachment presidenziale.
Si parla anche di riforma elettorale, con ogni probabilità in senso proporzionale, che dovrebbe essere presentata entro dicembre. I due partiti ne hanno già discusso ma non si sa ancora di che tipo sarà né quando verrà presentata. Alcuni giornali parlano di un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%, altri riferiscono di tempi molto più lunghi.
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