Il ”prebunking”.
Questo è un articolo su più pagine: ti invitiamo a leggere la pagina iniziale
X e i social non fanno abbastanza contro le fake news
La teoria dell’inoculazione psicologica, per citarla con il suo nome completo, non è una novità: viene già studiata da una sessantina d’anni e si basa su due componenti fondamentali. Il primo è un preavviso emotivo, che dice che sta per arrivare un attacco a un’idea alla quale crediamo e ci mette in guardia; il secondo è una microdose indebolita di disinformazione, che contiene già una smentita preventiva.
Per esempio, si può diffondere un preavviso emotivo che segnali che ci sono persone che cercheranno di convincerci che la Terra è piatta e poi si possono spiegare le prove della rotondità della Terra e indicare quali sono gli errori di ragionamento dei terrapiattisti.
Il limite di questo approccio è che la smentita è specifica, un po’ come i vaccini biologici. Questo tipo di inoculazione rende quindi più resistenti a una singola tesi alternativa. Ma ogni giorno nascono e si diffondono nuove tesi di complotto, e servirebbe un numero infinito di inoculazioni psicologiche mirate.
Così, i ricercatori propongono oggi una nuova versione di questo metodo: invece di tentare di smontare preventivamente ogni singola teoria di complotto o diceria falsa, suggeriscono di concentrarsi sul riconoscimento delle tecniche di manipolazione e sulle strategie retoriche usate abitualmente dalla disinformazione di ogni genere. Questo permette di usare una singola “vaccinazione” generalista che vale per tutte le situazioni, offrendo una resistenza ad ampio spettro alle notizie false.
Per mettere alla prova questo approccio, i ricercatori hanno creato dei brevi video che presentano cinque tecniche di manipolazione che si incontrano spesso nella disinformazione.
-
La prima tecnica è il linguaggio emotivo. Le ricerche mostrano che l’uso di parole emotivamente cariche aumenta il potenziale di diffusione di un messaggio, specialmente se queste parole evocano sentimenti negativi come la paura, il disprezzo o l’indignazione. Per esempio, il titolo “Aumenta la disoccupazione giovanile“ è una descrizione neutra di un fatto e lascia relativamente indifferenti. Ma “Giovani sempre più angosciati e senza lavoro” ha un impatto emotivo molto più forte.
-
La seconda tecnica è l’incoerenza, cioè l’uso di due o più argomentazioni che non possono essere tutte vere e si contraddicono. Per esempio, i terrapiattisti sostengono che gli scienziati nascondono la verità sulla forma della Terra, ma poi citano quegli stessi scienziati quando dicono qualcosa che sembra sostenere la teoria della Terra piatta. La maggior parte della gente non nota queste incoerenze se non viene abituata a cercarle.
-
La terza tecnica di manipolazione usata dalla disinformazione e descritta dai ricercatori è la falsa dicotomia o falso dilemma, che consiste nel presentare due alternative come se fossero le uniche possibili e nascondere il fatto che in realtà quelle alternative non si escludono a vicenda e che ci sono anche altre soluzioni. In uno dei loro video, i ricercatori citano come esempio Star Wars e in particolare Anakin Skywalker e il suo celebre “Se non sei con me, sei il mio nemico!”, rivolto al suo mentore e maestro Obi-Wan Kenobi [CLIP: Anakin vs Obi-Wan, da La vendetta dei Sith]. È una falsa dicotomia, perché non essere d’accordo non vuol dire per forza essere nemici; si può anche criticare una persona alla quale si vuole bene. E infatti Obi-Wan risponde perfettamente: “Soltanto un Sith vive di assoluti”.
-
Al quarto posto delle tecniche adoperate dai seminatori di fake news c’è l’indicazione del capro espiatorio: dare la colpa di un problema comune a qualcuno, o a un gruppo di persone, che non c’entra nulla. I ricercatori citano South Park – Il Film, in cui i genitori indignati decidono che i comportamenti antisociali dei loro figli sono colpa del Canada [CLIP: brano della canzone Blame Canada tratta dal film], ma la storia e la cronaca sono piene, purtroppo, di esempi tragici di questo genere.
-
Quinta, ma non ultima, è la tecnica dell’attacco ad hominem, ossia prendere di mira la persona che propone un’argomentazione invece di discutere la validità o meno di quello che dice. È un metodo classico, che serve per sviare l’attenzione dal vero tema e dirigerla contro un individuo. È vero che la credibilità di chi propone un messaggio a volte può essere pertinente, come nell’esempio, proposto dai ricercatori, di un fabbricante di sigarette che dovesse presentare uno studio che sostiene che il fumo non fa male, ma di solito gli attacchi ad hominem si concentrano su qualche caratteristica della persona che non c’entra nulla con l’argomento, magari un attributo fisico o la sua nazionalità.
Oltre ai video, i ricercatori hanno anche realizzato dei giochi online che simulano le attività sui social network e insegnano ai giocatori a riconoscere queste tecniche di manipolazione. L’obiettivo, insomma, è allenare le persone a notare i sintomi tipici dei tentativi di influenzarle. La speranza è che se questi sintomi vengono notati, verranno neutralizzati.
Sembra un’idea interessante, ma funziona davvero?
Ti invitiamo a leggere la pagina successiva di questo articolo:
Risultati del ”prebunking”