Secondo un recente studio, i viaggi spaziali sono dannosissimi per i reni.
Riusciranno un giorno gli esseri umani a colonizzare Marte? Secondo Elon Musk – peraltro noto per previsioni eccessivamente ottimistiche – potremmo farcela in appena 10 anni; anche la Nasa pensa di sì, ma non indica un termine di tempo.
Il problema, però, potrebbe essere non tanto raggiungere il pianeta rosso, quanto riuscire a farlo con dei reni ancora funzionanti.
Uno studio condotto da ricercatori dello University College London ha infatti scoperto che i voli spaziali alterano la struttura e la funzionalità dei reni, cui le radiazioni alle quali si è esposti nello spazio danno poi il colpo di grazia infliggendo danni permanenti.
«Se non troveremo dei modi nuovi per proteggere i reni, io credo che un astronauta possa arrivare a Marte, ma anche che avrà bisogno della dialisi quando tornerà» afferma il dottor Keith Siew, primo autore dello studio.
Spunti di approfondimento:
«Sappiamo che i reni impiegano tempo a mostrare segni di danni da radiazioni» ha aggiunto. «Quando diventano visibile, probabilmente è già troppo tardi per prevenire l’insorgere di insufficienza renale, fenomeno catastrofico per le possibilità di successo della missione».
Che i voli spaziali non fossero esattamente un toccasana per quanti vi partecipano e che, anzi, causino problemi di salute, è noto per lo meno dagli anni ’70: fenomeni come perdita di massa ossea, indebolimento di cuore e vista, e sviluppo di calcoli renali sono conosciuti, e si ipotizza che a causarli siano il vento solare e i raggi cosmici.
Per approfondire:
Quanti restano sulla Terra sono protetti dal campo magnetico del nostro pianeta; gli astronauti, però, devono per forza rinunciare a quella protezione.
Una breve esposizione causa sintomi non troppo gravi; ma il viaggio verso Marte richiede mesi, e i danni non possono che essere seri.
Il professor Stephen Walsh, altro autore dello studio, afferma che per evitare i danni alla salute non sarebbe sufficiente schermare gli astronauti durante il volo; potrebbe però essere possibile sviluppare dei farmaci, o delle «soluzioni tecnologiche» che consentano i lunghi viaggi spaziali.
Sullo stesso tema:
Peraltro «qualsiasi medicina sviluppata per gli astronauti può essere benefica anche per chi resta sulla Terra; per esempio potremmo scoprire come insegnare ai reni dei malati di cancro come sopportare una radioterapia ad alto dosaggio» ha commentato il professor Walsh.