Anche se da oggi non è più raggiungibile dal Regno di mezzo, il social network di scambio vocale ha rappresentato un luogo in cui i dissidenti politici si sono radunati per parlare di ciò di cui sul resto della rete non si può parlare
Nelle scorse settimane, sul social network di scambio vocale Clubhouse era stata registrata una forte crescita di utenti provenienti dalla Cina che, secondo quanto riportato da alcuni giornalisti iscritti all’applicazione, avevano incominciato a usarlo per parlare di temi normalmente censurati sui media e sui social cinesi controllati dal governo. Questa breve parentesi di libertà di espressione è però terminata già oggi, quando numerosi utenti hanno segnalato di non essere più in grado di accedere alla piattaforma, probabilmente bloccata dal governo di Pechino.
L’applicazione, utilizzabile solo con con sistemi iOs, non è disponibile nella versione cinese dell’App Store, ma gli utenti sono riusciti ad accedervi semplicemente cambiando il paese di accesso. Inoltre Clubhouse era riuscita ad aggirare il Grande Firewall cinese, che impedisce ai cittadini di accedere a siti non approvati dal governo, senza bisogno di utilizzare un sistema di rete privata Vpn. Per questo, molte migliaia di utenti sono riusciti a scaricarla, pagando anche oltre 70 dollari per ricevere da altri utenti l’invito senza il quale è impossibile accedere alla piattaforma. Secondo il Financial Times, fino a ieri, più di 200 store online vendevano inviti per Clubhouse sulla piattaforma cinese di ecommerce Taobao.
Gli utenti provenienti dal territorio cinese sono stati attratti dal fatto che le conversazioni non vengono registrate, il che rappresenta una garanzia per la libertà di espressione di un popolo i cui movimenti vengono tenuti sotto un costante e pervasivo controllo quotidiano. Per questo, molte delle cosiddette “stanze” aperte dagli utenti cinesi affrontavano i temi più oscurati dal governo. Dalle proteste di piazza Tienanmen del 1989, ufficialmente mai esistite per il governo, ai rapporti della Cina con Taiwan, alle persecuzioni contro il popolo degli Uiguri e alle proteste per la democrazia ad Hong Kong. Per il breve tempo in cui questo spazio di discussione è rimasto attivo, secondo quanto riportato dal Guardian, gli utenti hanno sottolineato come le conversazioni si svolgessero in maniera “estremamente sincera”. “Mi sento come stessi facendo un’abbuffata di libertà di espressione” ha commentato su Twitter la giornalista statunitense di origine cinese Melissa Chan, riferendosi alla sua esperienza su Clubhouse.
I feel like I’m binging free expression on Clubhouse — anyone else in the Mandarin rooms listening to mainland Chinese, Hong Kongers, Taiwanese, Uyghurs, and others speak — feel that way? In fact, the room @zuola moderates hopes for exactly that: running it continuously for days.
— Melissa Chan (@melissakchan) February 5, 2021
La Cina si colloca al 177 posto su 180 per libertà di espressione nel mondo, le principali piattaforme social come WhatsApp, Facebook, YouTube e Twitter sono proibite e i media sono strettamente controllati dal governo. Inoltre i giornalisti e le giornaliste possono essere perseguiti penalmente anche per il solo fatto di usare queste piattaforme per condividere informazioni o nel caso svolgano inchieste scomode per il governo. Proprio ieri la giornalista australiana di origine cinese Cheng Lei, ex presentatrice di un programma sulla China Global Television News, è stata formalmente arrestata dalle autorità cinesi, dopo quasi sei mesi di fermo preventivo, con l’accusa di spionaggio.
Per questo, l’opportunità di avere uno spazio libero e non controllato per discutere di argomenti fondamentali per il paese era stata vista come un’opportunità unica da migliaia di utenti. Nel primo pomeriggio di oggi sono comparsi i primi tweet di utenti che segnalavano l’impossibilità di connettersi alla piattaforma. La giornalista Melissa Chan ha commentato il blocco di Clubhouse dicendo “sono diventata così cinica e abituata all’autoritarismo, da essere quasi sorpresa che la Cina abbia agito così in fretta. Mi aspettavo che le autorità avessero atteso e piazzato una trappola, per raccogliere delle prove e arrestare quei degenerati amanti della liberà presenti nella loro società”. Infatti, il numero di telefono usato per scaricare l’app è collegato al documento identificativo del proprietario o della proprietaria del telefono e ciò comporterebbe un potenziale pericolo nel caso il governo volesse rintracciare gli ex utenti di Clubhouse.
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