Sarà presto realtà l’attesa legge italiana sullo spazio, un misura legislativa per regolamentare il settore, in rapida crescita anche in Italia, sesta potenza al mondo: ad annunciarne l’arrivo, a inizio 2024, è il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in videocollegamento all’evento di riferimento per gli addetti ai lavori dell’economia spaziale, il New Space Economy European Expoforum, che ha avuto come tema portante quello della sostenibilità.
“Oggi il nostro Paese vanta una filiera completa dedita ad attività di ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti ed è ai primi posti per quanto riguarda le ricerche spaziali”, ha detto ancora il ministro. Il settore è in rapida trasformazione, ha proseguito Urso, e i privati stanno assumendo un ruolo sempre più importante, che presto si doterà di una legislazione specifica “che è nostra intenzione realizzare nei primi mesi del prossimo anno sulla base delle indicazioni contenute nella manovra di bilancio”.
Il settore spaziale è sempre più un volano delle economie europee dove nel complesso conta “un numero di addetti pari a circa 230mila persone, con ricavi complessivi di circa 60 miliardi di euro, un volume d’affari secondo solo agli Stati Uniti”, ha specificato Elda Turco Bulgherini, vice presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. Complessivamente la New Space Economy nel 2021 ha generato un valore di 370 miliardi di dollari ed è destinata a crescere ancora fino a +74% entro il 2030, e nello specifico l’Italia vede la presenza di oltre 320 imprese e 6mila addetti nonché ben 7 miliardi di investimenti da parte del governo.
E’ uno scenario di crescita che sempre di più sta imparando a fare proprio il concetto di sostenibilità, che certamente era mancato nelle prime fasi dell’esplorazione e della corsa allo spazio. Una delle grandi sfide è adesso la gestione dei rifiuti spaziali, in rapido aumento soprattutto dopo l’arrivo delle megacostellazioni come Starlink, che ha già in orbita circa 5mila satelliti e il cui numero potrà presto raddoppiare.
“E’ un problema anche economico”, ha detto il dirigente dei Programmi e strategie dell’Ufficio per le Politiche spaziali e aerospaziali alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Mauro Piermaria. “Basti pensare che oggi ogni satellite deve avere a bordo del combustibile che sarà necessario solo a realizzare manovre per evitarli – ha osservato riferendosi ai detriti spaziali – e ogni chilo che si manda in orbita ha un costo molto elevato”.
I rifiuti spaziali sono dunque una sorta di tassa che ora si deve pagare per una scarsa attenzione al destino dei satelliti giunti a fine vita o alle componenti dei razzi, “ma oggi è nell’interesse di tutti avere uno spazio decongestionato da rifiuti e più sostenibile, ad esempio con satelliti che sin dall’inizio sono progettati per essere riparati”.
La preoccupazione per i rifiuti e le megacostellazzioni tocca da vicino anche la comunità scientifica; da un lato vede messi a rischio i propri programmi di osservazione e studio dell’universo, a causa dei transiti e delle interferenze con i satelliti; dall’altro esprime timori per l’aumento degli inquinanti rilasciati dai satelliti non più operativi, che bruciano negli strati alti dell’atmosfera. “Per questo è importante sin da ora pensare a materiali sostenibili”, ha detto Sara Lucatello, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e vicepresidente della Società Astronomica Europea. “Lo spazio, così come il nostro pianeta – ha concluso – è una risorsa limitata che dobbiamo trattare con parsimonia e preservarlo per le future generazioni”.
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